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BOLOGNA – “Dispongo… che i miei beni vadano tutti in beneficenza. Diseredo i miei parenti, mia nipote e mia sorella”: queste righe sono le ultime volontà di Vittorio Ragazzi, 84enne di San Giovanni in Persiceto, nel bolognese. E i suoi ultimi desideri, una volta deceduto, lo scorso dicembre, hanno innescato una vera e propria guerra per l’eredità milionaria.
Ruota attorno a due testamenti, uno dei quali risultato apocrifo, e ad una scrittura privata che una delle due parti in causa ritiene falsa, la querelle sull’eredità milionaria- costituita da 1,2 milioni di liquidità in banca, un’azienda agricola con circa 11 ettari di terreni e dei cavalli, oltre a un appartamento in paese- dell’agricoltore Vittorio Ragazzi, un 84enne di San Giovanni in Persiceto, nel bolognese, deceduto lo scorso 14 dicembre. La vicenda è già sfociata in due querele in sede penale e in un procedimento civile, e vede contrapposti da un lato il Comune di San Giovanni in Persiceto e dall’altro la sorella di Ragazzi, il fratello e la figlia di quest’ultimo.
A dare il via alla battaglia legale è stata la pubblicazione da parte di un notaio persicetano, avvenuta il 20 dicembre 2023, di un testamento olografo redatto da Ragazzi il 16 marzo dello stesso anno. Nel documento, consegnato personalmente al notaio da Ragazzi, l’84enne aveva scritto, testualmente: “Dispongo… che i miei beni vadano tutti in beneficenza. Diseredo i miei parenti, mia nipote e mia sorella”. Qui entra in scena il Comune, perché nel testamento non erano indicati enti o associazioni benefiche a cui lasciare il patrimonio, e in casi del genere la legge prevede che i beni siano devoluti al Comune in cui la persona aveva il proprio domicilio. Pochi giorni dopo, però, arriva il colpo di scena: il 29 dicembre, infatti, un altro notaio di San Giovanni pubblica un secondo testamento olografo attribuito a Ragazzi e datato 12 dicembre 2023, vale a dire due giorni prima della morte dell’anziano. In questo documento, che avrebbe annullato il precedente testamento e che era stato consegnato al notaio dalla sorella dell’84enne, quest’ultimo avrebbe scritto che, poiché non sapeva se sarebbe uscito dall’ospedale, aveva deciso di nominare eredi universali il fratello e la sorella.
Il Comune, ritenendo che il testamento prodotto dalla sorella fosse falso e confortato, sul punto, dal risultato di una perizia calligrafica, ha sporto querela contro ignoti per falso in sede penale e si è attivato anche in sede civile per far dichiarare nullo il testamento e per riavere dai familiari tutti i beni del defunto in loro possesso o eventualmente detenuti sulla base delle disposizioni contenute in quel secondo testamento.
Prima di procedere con la causa civile è stata tentata una mediazione, che è fallita ma ha riservato un altro colpo di scena: in quella sede, infatti, i familiari hanno riconosciuto che il testamento del 12 dicembre era apocrifo, ma hanno prodotto una scrittura privata che destina parte dell’eredità a un istituto di ricerca scientifica. Anche l’autenticità di questa scrittura viene contestata dal Comune, anche in questo caso sostenuto dal risultato di una perizia calligrafica di parte, e porta al deposito, lo scorso luglio, di una seconda querela contro ignoti per falso in sede penale. Si arriva, quindi, davanti al Tribunale civile, a cui l’amministrazione persicetana chiede il sequestro giudiziario dell’azienda agricola, compresi i cavalli, che peraltro erano in stato di abbandono e in pessime condizioni igienico-sanitarie, e di nominare un custode giudiziario. A questa richiesta si sono opposti i familiari, sostenendo, tra le altre cose, che il Comune non avrebbe potuto essere considerato erede dei beni perché non ne avrebbe completato l’inventario. Tra questi beni, i parenti di Ragazzi elencano, addirittura, il letame formatosi nel tempo e mai rimosso, definendolo “l’oro nero dell’agricoltura”. Il giudice, però, con un’ordinanza depositata il 2 agosto scorso ha dato ragione al Comune, disponendo il sequestro e nominando un custode giudiziario.
Il 16 agosto, tutti e tre i familiari coinvolti nella vicenda hanno impugnato l’ordinanza, ma il 15 ottobre i giudici hanno respinto i loro reclami ritenendoli infondati.
Ora, mentre il custode giudiziario manda avanti l’azienda agricola e ha provveduto a cedere quasi tutti i cavalli, dopo che il Comune aveva anticipato varie decine di migliaia di euro per sistemare le criticità più gravi (solo per accudire i cavalli, in quattro mesi l’amministrazione ha dovuto spendere oltre 50.000 euro), si attendono gli sviluppi dei procedimenti aperti in sede sia civile, sia penale. Per quanto riguarda le querele per falso, non sembra possano esserci novità a breve termine, mentre in sede civile il giudice dovrà decidere se ammettere i testimoni indicati dal Comune e se disporre una consulenza sulla scrittura privata prodotta dai familiari e che l’amministrazione ritiene apocrifa.
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