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Scaglione (Niguarda): “Studio israeliano sulla terza dose non dice se va fatta a tutti”

"Manca distribuzione epidemiologica della protezione dal vaccino"

Pubblicato:02-11-2021 19:27
Ultimo aggiornamento:02-11-2021 19:27

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ROMA – “Il dato che emerge dallo studio israeliano pubblicato su Lancet non ci dice che la terza dose va fatta a tutti. É uno studio senz’altro consistente ma che sottolinea, semmai, che il richiamo va fatto alle persone a rischio, anche perché con questa ricerca non si evidenziano le differenze di risposta tra i giovani e i più anziani. Quello che lo studio non dice infatti è la distribuzione epidemiologica della protezione con il richiamo contro il Sars-CoV-2: quelli che si sono ammalati e che non avevano fatto la terza dose, erano sopra o sotto i 51 anni, l’età media dei soggetti coinvolti nella ricerca?”. Così, Francesco Scaglione, farmacologo e direttore della struttura di analisi chimico-cliniche e microbiologia dell’ospedale Niguarda di Milano, commenta alla Dire i dati di una ricerca israeliana che per la prima volta analizza l’effetto della terza dose su quasi 800mila persone.

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Scaglione, che sta conducendo una ricerca sulla risposta immunitaria degli operatori sanitari del nosocomio a tre, sei e 12 mesi dal ciclo vaccinale completo, ha potuto riscontrare che già dopo sei mesi dalla seconda somministrazione, i soggetti immunizzati perdono in modo consistente la protezione data dal vaccino, indifferentemente dall’età e dal genere. I dati che emergono dalla sua ricerca fanno quindi supporre che un richiamo, con una terza dose, sia indispensabile. Scaglione, tuttavia, non sembra essere in linea con lo studio uscito su Lancet lo scorso 29 ottobre. “Il punto è valutare come evolve l’epidemia– afferma il farmacologo- per decidere se procedere o meno con la terza dose: qualsiasi studio osservazionale, come questo, ha dei limiti. Il vantaggio è che viene condotto nella pratica clinica, quindi lo studio vede la realtà, ma mette insieme tutto senza fare differenze. Il valore di questo studio- precisa Scaglione- è sicuramente nell’evidenziare che esistono delle coorti di popolazione su cui il booster è utile, ma da questo a dire che la terza dose va fatta a tutti ce ne passa. Agli interrogativi importanti, se fare un booster sui giovani o ancora se farlo alle persone che hanno contratto la malattia, non è data risposta- ribadisce il direttore del Niguarda”.


LA RICERCA ISRAELIANA SULLA TERZA DOSE

La ricerca pubblicata su Lancet e svolta sui dati della Clalit Health Service di Tel Aviv, che opera come mutua non-profit e al contempo come service provider, coprendo oltre metà della popolazione israeliana, evidenzia invece i benefici della terza dose che in Israele è stata somministrata ad oltre 4 milioni di persone, il 42% della popolazione totale. I vaccinati con richiamo vanno dai grandi anziani ai dodicenni, per questi ultimi le somministrazioni sono iniziate il 30 agosto. ‘Effectiveness of a third dose of the BNT162b2 mRna Covid-19 vaccine for preventing severe outcomes in Israel, an observational study’ questo il nome della ricerca condotta dai ricercatori del Clalit e da alcuni epidemiologi di Harvard, ha messo a confronto due gruppi, uno con doppia dose e l’altro che ha ricevuto la terza dose, evidenziando in tutti i sottogruppi che la protezione del vaccino contro la malattia severa sale al 92%, all’81% nel prevenire il decesso, e al 93% dall’ospedalizzazione.

A questo studio hanno fatto da apripista anche due altri lavori, sempre israeliani, poiché tra i primi a partire con la campagna vaccinale. Il primo lavoro ha evidenziato una riduzione del 90-96% della malattia severa già dopo 12 giorni dalla dose booster, ovvero il richiamo o terza dose. Il secondo ha persino individuato una riduzione del 70-84% della probabilità di essere testati positivi al Sars-CoV-2 tra gli adulti vaccinati con terza somministrazione. L’indagine del Clalit parte da questi studi e analizza, per la prima volta, l’efficacia del booster contro l’infezione a seconda dei sottogruppi: fattori comportamentali (età) e co-morbidità. Sfuma però un po’ la posizione di Scaglione nel momento in cui si parla di persone più esposte: “Resto dell’idea che una dose di richiamo sia utile per i sanitari e per gli insegnanti. É possibile, tuttavia, che questi studi vogliano difendere l’operato del proprio Paese”, conclude Scaglione. 

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