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Il Covid? Colpa della distruzione delle foreste e degli allevamenti intensivi

A lanciare l'allarme è Vincenzo Balzani, docente emerito di chimica dell'Alma Mater di Bologna: "Salute umana, salute degli animali ed ecologia sono strettamente collegate"

Pubblicato:02-11-2020 14:57
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:10

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BOLOGNA – La distruzione dell’ambiente e lo sfruttamento intensivo degli animali sono la causa dei virus pandemici. “E proprio per non aver indagato sulle cause che hanno originato le precedenti epidemie, ci si è trovati impreparati di fronte al covid-19”. A ribadirlo è il ‘quasi’ premio Nobel Vincenzo Balzani, docente emerito di chimica dell’Alma Mater di Bologna, che invoca un’inversione di rotta a livello mondiale.

“Speriamo che dopo l’avvertimento del Covid-19 si riesca a capire che è necessario vivere in armonia con tutto il carico che è a bordo dell’astronave Terra”, afferma Balzani, in un intervento pubblicato ieri da ‘Bologna7’, il settimanale di Avvenire. “La fauna selvatica e il bestiame– spiega lo scienziato- sono le fonti della maggior parte dei virus che infettano gli esseri umani e i fattori principali che favoriscono il salto di specie sono la deforestazione di ambienti tropicali e l’allevamento industriale di animali, in particolare suini e polli”.

In Cina, ad esempio, “ci sono allevamenti intensivi di suini multipiano, alti come palazzi e muniti di ascensori, ideati per far stare più animali nel minor spazio possibile”. Ma senza andare così lontano, avverte Balzani, nella vicina Lombardia “ci sono circa 180 suini per chilometro quadrato, in media quasi un suino ogni due abitanti. Stando alla Commissione europea- afferma il chimico- un territorio con una così alta densità di animali è esposto a elevati rischi ambientali“. In tutto il mondo, sottolinea Balzani, “si stanno esaminando le conseguenze, sanitarie ed economiche, del covid-19. La cosa più importante però sarebbe indagare a fondo sulle cause delle pandemie, per evitare che ne insorgano altre”.


Le cosiddette epidemie zoonotiche, ossia provenienti dagli animali, “sono in aumento- segnala il docente Alma Mater- e, covid a parte, negli ultimi anni hanno causato la morte di circa due milioni di persone, soprattutto nei Paesi poveri. Proprio per non aver indagato sulle cause che hanno originato le precedenti epidemie, ci si è trovati impreparati di fronte al covid-19“. Secondo gli studi più recenti, cita il chimico, “le origini di queste epidemie sono nell’ambiente, nei sistemi alimentari e nella salute degli animali”.

Negli ultimi decenni, del resto, “è aumentata in modo esponenziale la produzione zootecnica globale, che nel 2018 è arrivata a superare 350 milioni di tonnellate annue con circa 80 miliardi di animali allevati in sistemi prevalentemente intensivi, rinchiusi in gabbie e spesso mutilati”, segnala Balzani. Nello stesso arco di tempo, sottolinea lo scienziato, “è aumentata la frequenza con cui nascono nuove zoonosi”. Infatti, spiega Balzani, “negli allevamenti in cui vivono ammassati decine, centinaia o migliaia di animali, selezionati geneticamente per motivi commerciali, un virus agisce indisturbato perché non incontra varianti genetiche che ne possano impedire la diffusione e quindi il rischio che venga trasmesso agli esseri umani aumenta molto”.

Gli scienziati a livello mondiale “da tempo ammoniscono che salute umana, salute degli animali ed ecologia sono strettamente collegate– richiama il docente Alma Mater- ma, come ci ha ricordato papa Francesco il 27 marzo scorso nella surreale, deserta piazza San Pietro, ‘abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sani in un mondo malato'”, chiosa Balzani.

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