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La scienza in campo per salvare ‘tesori’ sommersi, all’Iscr workshop internazionale bioerosione

ROMA - La scienza al servizio del patrimonio culturale a

Pubblicato:02-11-2017 18:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:51

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ROMA – La scienza al servizio del patrimonio culturale a rischio. Gli studiosi di bioerosione di tutto il mondo si sono dati appuntamento all’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr) per l’edizione 2017 del loro workshop internazionale, che per la prima volta ha messo al centro proprio la difesa dei beni artistici e archeologici dagli attacchi di organismi e microrganismi che ne minano la salute.

A ROMA 45 ESPERTI DA EUROPA, AMERICA E AUSTRALIA

Un focus inedito proposto dall’Iscr e accolto da tutti gli altri partecipanti all’appuntamento triennale, che hanno affidato all’Istituto l’organizzazione del workshop. Tutti a Roma, dunque, per una settimana di approfondimenti sullo studio della bioerosione da parte di 45 esperti provenienti da Europa, America e Australia.

BIOEROSIONE PER BENI SOMMERSI MA ANCHE ALL’APERTO

Durante le giornate di studio, l’Istituto Superiore ha guidato il focus sui beni culturali e sul problema della bioerosione, causa di degrado per via dei microrganismi e organismi che vivono all’interno di substrati naturali, come rocce e legno. “E’ stato studiato sia l’aspetto del patrimonio sommerso che quello dei monumenti all’aperto“, racconta all’agenzia Dire Sandra Ricci, del laboratorio di Biologia dell’Iscr e organizzatrice del workshop insieme all’archeologa Iscr Barbara Davidde.



FOCUS SU ALCUNI RELITTI

Ma siccome molti degli aspetti della bioerosione sono legati all’ambiente marino, l’Iscr ha illustrato alla platea gli studi scientifici eseguiti sul patrimonio sommerso, dai sarcofagi a San Pietro in Bevagna, in Puglia, ai relitti di Marzamemi e Capo Granitola, dai reperti del Ninfeo di Tiberio nella grotta Azzurra di Capri fino alle statue sommerse ad Antikythera, in Grecia.

MICROFUNGHI E BATTERI POSSONO CREARE BUCHI GRANDI ANCHE CENTIMETRI

“Abbiamo focalizzato l’attenzione sui danni causati da microrganismi come cianobatteri, microfunghi e alghe su manufatti archeologici sommersi. In molti casi- spiega l’esperta- la presenza di forme viventi di maggiori dimensioni, soprattutto animali perforanti, crea delle cavità all’interno del monumento, formando veri e propri buchi nella materia, talvolta, come nei casi delle spugne e dei molluschi bivalvi, grandi anche alcuni centimetri“.

GLI ESPERTI IN VISITA AL SITO SOMMERSO DI BAIA

Dopo i cinque giorni del workshop ospitato dal San Michele, l’Istituto ha portato i partecipanti a visitare il sito sommerso di Baia. “Conoscere gli effetti della bioerosione sul patrimonio culturale permette a noi archeologi di programmare le attività di protezione del patrimonio, e uno degli esempi maggiori arriva proprio dai mosaici e dai pavimenti in opus settile restaurati a Baia. In questo caso- aggiunge Davidde- proprio attraverso lo studio della bioerosione abbiamo capito che dopo il restauro era necessario proteggere i mosaici con il geotessuto, perché altrimenti sarebbero stati ricolonizzati dai microorganismi marini in breve tempo, vanificando il nostro intervento conservativo”.

IL FUTURO? RICOSTRUZIONI IN 3D DEI MANUFATTI E VISITE VIRTUALI

Non solo restauro, l’Iscr ha presentato al workshop anche i progetti di conservazione e valorizzazione del patrimonio sommerso, tra cui i-Mareculture, Bluemed e Ucrca finanziati da diversi programmi della Comunità europea, e anche il progetto Musas, Musei di archeologia subacquea, finanziato dal Mibact nell’ambito del Pon Cultura.

“Realizzeremo ricostruzioni 3D dei manufatti e dei siti sommersi- racconta l’archeologa Iscr- e ai visitatori verranno dati dei tablet subacquei che forniranno informazioni e ricostruzioni dei monumenti così come dovevano essere in passato. Per i visitatori non subacquei verranno realizzate visite virtuali dei siti sommersi, e grazie alla realtà aumentata anche chi non pratica sub potrà vivere l’esperienza emozionante di un’immersione ed esplorare i siti sommersi. In questo senso- spiega infine Davidde- il convegno sulla bioerosione è stato un’occasione anche per riflettere su come le nuove tecnologie possano migliorare la visita di questi siti subacquei e contribuire al loro studio e alla loro conservazione”.

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