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Dl fiscale, Greco difende la voluntary disclosure: “Non è un condono”

Si fa "confusione tra scudo fiscale, condono e progetto di disclosure", ha spiegato il procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Milano

Pubblicato:02-11-2016 13:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:14

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francesco-grecoROMA  – Si fa una gran “confusione tra scudo fiscale, condono e progetto di disclosure. Non si è percepita la differenza tra gli strumenti vetusti di condoni e quelli di disclosure”. Così il procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Milano, Francesco Greco, nel corso di una audizione sul decreto fiscale davanti alle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, difende la misura sul rientro dei capitali e sull’emersione del contante.

“I progetti di disclosure si basano sul divieto di mentire” e “sono programmi monitorati dall’Ocse, non sono invenzioni del legislatore domestico“.

Il procuratore di Milano spiega che “l’Italia si posiziona bene perchè ha affiancato alla disclosure alcune norme penali, che magari potevano essere fatte meglio, ma sono inserite nella norma sul contante che prevede una sanzione pesante da 1 a 6 anni nei confronti di colui che aderisce alla dsclosure senza averne requisiti, ossia i reati fiscali”.


Greco chiede però “un maggior enforcement di implementazione dello Stato per dare più appeal ai programmi di disclosure”.

Infatti, le norme del governo “hanno poco appeal perchè si tratta delle ultime annualità con una fiscalità molto pesante”.

Perchè si dovrebbe aderire alla voluntary? “Perchè il mondo è cambiato, c’è lo scambio automatico con la Svizzera, chi doveva fuggire è fuggito nelle white list e può essere individuato. L’esperienza della prima voluntary ci dice che almeno il 50% dei capitali vecchi sono rientrati”. Insomma, insiste Greco, “bisogna che lo Stato in tutte le sue articolazioni e insieme alle Procure si dedichi a contrastare il fenomeno dei soldi clandestini”.

Dati di Bankitalia rilevano “150 miliardi nelle cassette di sicurezza, una somma enorme”. Anche “quando troviamo il denaro, e succede spesso, abbiamo difficoltà a intervenire. Lo Stato deve fare pressione sia per arrivare prima della voluntary che per convincere che la cosa migliore è farla”. Questo “sempre nell’ottica che lo Stato ha bisogno di soldi, altrimenti lo facciamo per sport”. Vanno “benissimo i programmi di disclosure, quel che occorre è accompagnarli a progetti di enforcement”, di applicare e far rispettare la legge. Bisogna “andare a vedere i documenti, aumentare i controlli sulle operazioni sospette”. Sul territorio “la risposta alla voluntary dei professionisti milanesi è stata ottima mentre in altre zone dell’Italia la voluntary non ha avuto successo ed è lì che andava fatta l’enforcement repressiva”, insiste.

Il procuratore di Milano risponde alle domande dei deputati del M5s: “Io capisco i mal di pancia sul problema dei contanti, ma questi mal di pancia non ci sono quando si analizzano i dati sull’andamento del contante in Italia: sono impressionanti. Siamo all’ultimo posto per moneta elettronica e al primo posto per pagamenti in contanti, l’86%. I prelevamenti nel 2014 sono stati di 377 miliardi. E’ su queste cose che dobbiamo iniziare a ragionare, vogliamo fare i raffinati sulla disclosure e poi non vogliamo intervenire su questo per ridurre lo spazio del contante e incentivare la moneta elettronica”, attacca.

Greco ricorda poi che “anche nella prima voluntary era prevista una norma per l’emersione del contante, non è una novità e i dati della prima voluntary sono altissimi. Il problema semmai è perchè dei 60 miliardi ‘disclosurati ne sono entrati 17′”. Secondo Francesco Greco “il vero problema da porsi oggi è quello di rendere l’Italia un paese con più appeal per far rientrare i capitali”. I problemi sono essenzialmente due: “L’eccessiva burocratizzazione e il pericolo di bail in. Vogliamo rendere questo paese attrattivo per i capitali nascosti o per una cultura oppositiva preferiamo che restino nei paradisi fiscali?”, conclude.

di Luca Monticelli, giornalista professionista

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