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Dalla politica alla cosmesi, i nuovi italiani (multiculturali) fuori dall’ombra

Voci dal workshop 'Le Nuove Radici della leadership. Come essere leader nella società multiculturale', a Milano

Pubblicato:02-10-2020 13:01
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:59

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ROMA – In Italia sono circa tre milioni i “nuovi italiani”, le seconde generazioni nate o cresciute qui costruendo una nuova “italianità”, che rivendicano spazi nel dibattito politico e ruoli di leadership non solo in politica, ma anche nell’imprenditoria e nella società civile. Per farlo, bisogna “essere d’esempio”, “avere capacità di dialogo”, sapersi “mettere in gioco riscoprendo la propria identità” e con una “buona dose d’autocritica”. A sottolinearlo i giovani che hanno partecipato a Milano al workshop ‘Le Nuove Radici della leadership. Come essere leader nella società multiculturale’, organizzato a Milano dall’Associazione Nuove Radici Aps e dal sito web NuoveRadici.World, con il sostegno del consolato generale degli Stati Uniti d’America di Milano.

Ad aprire il dibattito è stata Marwa Mahmoud, 35 anni, prima consigliera comunale di origini straniere eletta a Reggio Emilia. “La politica, sia a destra che a sinistra – ha detto – ignora la generazione di noi italiani nati da genitori immigrati”. Mahmoud ha aggiunto: “Ci si concentra solo sui nuovi immigrati, oppure veniamo confusi coi nostri genitori: migranti economici giunti qui per cambiare la loro vita. Ma noi tra i banchi di scuola abbiamo creato nuove ‘italianità’. Siamo figli dei nostri territori“.

Anass Hanafi, nato e cresciuto a Torino, vicepresidente del Network italiano dei leader per l’inclusione (Nili), ha sottolineato: “Noi giovani di origine straniera siamo una minoranza non solo in Italia, ma in tutta Europa: dobbiamo uscire dall’ombra, prendere una sedia e unirci al tavolo del dibattito politico”.


Da Abderrahmane Amajou, di Slow Food Internazionale, è giunto l’invito a usare il cibo come strumento di “inclusione ed emancipazione”. “La nostra associazione – ha detto – ha creato a Torino la prima comunità rom di Slow food, con l’obiettivo di permettere a questa comunità di aprire dei ristoranti, e quindi riuscire a mandare i propri bambini a scuola. Se vogliamo che lascino i campi nomadi dobbiamo dar loro i mezzi per farlo“.

Per Boris Veliz, scenografo e artista, lo strumento chiave è invece l’arte, “capace di annullare le barriere sociali ed economiche”. Ma per raggiungere i propri obiettivi “serve passione” e “autocritica”. “Nessuno – ha detto – può sperare di essere seguito dagli altri se prima non ha imparato a seguire”.
L’imprenditrice italo-ghanese Evelyne Afaawua ha scommesso invece “sulla valorizzazione del corpo nero” su cui, spiega, “esistono tanti tabù e cliché. Per me era fondamentale però, perché dovevo riscoprire la mia identità”. Classe 1988, Afaawua oggi è una “afro hair trainer” e amministratrice delegata a co-fondatrice di Nappytalia Eco Bio Cosmetics, che produce prodotti cosmetici per afrodiscendenti. “Fino ai 25 anni, essendo cresciuta nella Brianza, avevo perso la cognizione del mio essere nera”. Da lì la giovane ha iniziato un percorso di autoconsapevolezza che l’ha portata a fondare Nappytalia. “Produciamo cosmetici direttamente in Italia, per giunta eco-bio” ha detto Afaawua. “Perché quando faccio progetti, li realizzo al meglio”.

Raccontare le esperienze di questi giovani “è fondamentale”,
secondo la direttrice del portale NuoveRadici.World, Cristina Giudici: “Il loro ruolo sarà infatti cruciale per prevenire forme di discriminazione, xenofobia e razzismo”.

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