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Il calcio, il basket e gli altri: quando a palla giocavano maya e aztechi (senza rimbalzi)

A Faenza una mostra fa rivivere i campionati di calcio di 3.000 anni fa

Pubblicato:02-10-2018 13:57
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:37

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BOLOGNA – Il calcio, il basket e gli altri sport in cui si usa una palla? Sono tutti discendenti del gioco con la palla, esisteva già 3.000 anni fa nelle culture dell’antica America, dagli atzechi ai maya passando per gli inca. Si giocava con una palla molto più piccola (sotto i 15 centimetri di diametro) e – differenza non da poco- era una palla che non rimbalzava. Nato come rituale religioso, perse poi questa connotazione, tanto che divenne ben presto uno sport con il tifo a tutti gli effetti. Le regole? Erano un po’ diverse: ogni squadra doveva rinviare la palla nel campo degli avversari senza farla uscire dal campo, che non era un campo ma uno sferisterio, ovvero uno spazio chiuso e delimitato (da un muretto o da una parete).

Questo antico costume, ma non solo questo, sarà in mostra a Faenza, nella particola esposizione a che il MIC (Museo Internazionale delle Ceramiche) dedica a “Aztechi, Maya, Inca e le culture dell’antica America”, al via dall’11 novembre e aperta fino al 28 aprile. I curatori sono Antonio Aimi e Antonio Guarnotta e la mostra stupirà i visitatori per la bellezza e raffinatezza delle ceramiche esposte – veri e proprio capolavori d’arte – ma anche per i molti, curiosi spunti di approfondimento che arricchiscono l’esposizione. Tra cui appunto le testimonianze dell’invenzione del gioco del calcio.

Uno dei più curiosi riguarda appunto l’invenzione del gioco con la palla, che può essere considerato progenitore del nostro calcio e di tutti gli sport in cui si usa una palla che rimbalza. Anche se, come detto, negli altri giochi dell’antichità e degli altri continenti si usavano palle che non rimbalzavano.


Il gioco della palla nelle culture dell’America antica

Il campo di Chichen Itza

A raccontare quello che si sa del gioco del calcio è, nel catalogo edito da Silvana che accompagna la mostra, il curatore Antonio Aimi. “Il gioco della palla – scrive Aimi – era presente in molte culture dell’antica America, dalla Mesoamerica alle Ande Meridionali, dall’Area Intermedia all’Amazzonia, ma non nell’Area Peruviana. Quello praticato nella Mesoamerica può essere considerato il gioco a squadra più antico del mondo, che aveva una centralità sconosciuta altrove e che ha lasciato monumenti impressionanti (il campo da gioco di Chichen Itza è lungo 168 metri) e paraphernalia straordinari.

Il gioco della palla poteva essere praticato – continua Aimi – in spazi aperti o in costruzioni apposite, gli sferisteri, strutture allungate a forma di “I”, che erano delimitati o da bassi muretti o da grandi costruzioni con pareti inclinate o verticali, in cui, a partire dall’Epiclassico, erano inseriti degli anelli. Il terreno degli sferisteri era diviso a metà dai marcadores che delimitavano il campo di ogni squadra. Il gioco era la reiterazione di eventi dei miti cosmogonici di cui erano stati protagonisti gli eroi culturali e gli stessi dei.

Arrivarono il tifo e pure le scommesse

Pur essendo nato come rituale religioso, nel corso del tempo il gioco della palla acquisì sempre più una componente profana, tant’è vero che le cronache riferiscono che alla vigilia della Conquista le partite erano accompagnate da un “tifo” appassionato e da numerose scommesse”.

Ma come si svolgevano quelle partite? I palloni usati erano più piccoli degli attuali. Il loro diametro non superava i 15 centimetri. La palla poteva essere colpita solo con le anche, le cosce o le ginocchia e ogni squadra doveva rinviare la palla nel campo degli avversari senza farla uscire dallo sferisterio, né farle toccare il terreno. Vinceva chi, commettendo meno errori, arrivava a totalizzare per prima un determinato punteggio.

C’era già anche l’idea della pallacanestro

Ma quelle antiche partite anticipano anche altri sport di oggi. ad esempio la pallacanestro. Se, infatti, nel corso delle partite una squadra riusciva a far passare la palla attraverso gli anelli, che, a partire dal Postclassico erano stati collocati ai lati del campo, vinceva ipso facto la partita.

“Nel corso di circa 3000 anni di storia mesoamericana si sono sviluppate– sottolinea Aimi – diverse varianti del gioco. Nella regione dell’Oaxaca si usava una palla di piccole dimensioni che veniva lanciata con guanti pesanti, nell’Area Maya si giocava anche con una palla di grandi dimensioni (circa un metro di diametro) fatta, probabilmente, di una pelle gonfiata.

A Teotihuacan, la grande metropoli che dominò la Valle del Messico durante il Periodo Classico, pare che esistessero anche altri due modi di giocare. Il primo prevedeva di colpire la palla coi piedi, il secondo con una mazza e veniva praticato in un terreno aperto delineato da marcadores verticali, mobili e componibili, che, una volta assemblati, sembravano colonne sormontate da una sfera e da un cerchio”. Come a dire, nulla di nuovo sotto il sole dello sport.

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