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VIDEO | ‘Ospedali aperti’, cure gratis e impegno per non dimenticare la guerra in Siria

Con il progetto di Avsi e della Santa Sede, ideato dal nunzio Mario Zenari, in cinque anni è stata garantita assistenza a 80mila persone

Pubblicato:02-09-2022 18:27
Ultimo aggiornamento:02-09-2022 18:27
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ROMA – “Non dimenticare la Siria”, un Paese dove la crisi cominciata nel 2011 con la guerra civile continua, portando via “vite, soldi, giovani, speranze e poi la voce del popolo”. Fare qualcosa di concreto per la popolazione del resto è possibile, come dimostra il programma “Ospedali aperti“, che in cinque anni ha fornito cure gratuite a 80mila persone in difficoltà di tutte le fedi in tre ospedali cattolici fra Damasco e Aleppo. Appelli e storie che arrivano da una conferenza stampa organizzata a Roma per fare un punto sull’iniziativa, ideata nel 2016 dal cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, e implementata dal 2017 dalla Fondazione Avsi con l’appoggio del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale della Santa sede.

AVANTI ALMENO FINO AL 2024

“Questo incontro vuole fare il punto sul progetto, ma anche rilanciarlo, visto che il suo termine è fissato per il 2024”, ha detto Giampaolo Silvestri, segretario generale di Avsi. “L’obiettivo da qui a due anni è curare altre 60mila persone, arrivando a un totale di 140mila utenti raggiunti. Nel corso degli anni abbiamo aggiunto anche quattro dispensari, che sono gestiti da congregazioni e ordini in aree più periferiche del Paese”.
Le quattro strutture sorte durante la seconda fase del progetto hanno permesso fino a oggi di curare circa 23mila persone, sempre gratuitamente. L’accesso alle cure dei pazienti viene garantito tramite degli uffici sociali che accolgono le richieste delle persone in difficoltà. Il programma, costato finora 17 milioni di euro, prevede il supporto economico allo staff medico, paramedico e amministrativo delle strutture e il potenziamento degli equipaggiamenti medici degli istituti.
Il cardinale Zenari ripercorre le origini delle iniziativa, ricordando come “fare qualcosa per sostenere il settore della salute fosse una necessità disperata: nel 2016 metà delle strutture sanitarie era o completamente fuori uso o parzialmente inagibile a causa della guerra”. Il religioso evidenzia come “si sia deciso di partire da qualcosa di cui già si disponeva: tre ospedali cattolici presenti nel Paese da anni, in un caso addirittura 120. Poi è intervenuta la professionalità e la responsabilità di Avsi, senza la quale- afferma il cardinale- la mia valutazione dell’urgenza che si viveva in Siria e la mia proposta di fare qualcosa sarebbero decadute poco dopo”.

Fra i frutti che sta dando l’iniziativa, oltre al grande sostegno alla popolazione siriana prostrata da 11 anni di conflitto civile, anche la “ricostruzione del tessuto sociale” e l’avvicinamento fra le varie confessioni religiose del Paese. “I cristiani in Siria sono circa il due per cento della popolazione“, ha premesso il nunzio apostolico. “Il sostegno fornito da Ospedali aperti quindi, si rivolge per forza di cose a un’utenza fatta per lo più da non cristiani. Eppure sono proprio loro a essere più soddisfatti e riconoscenti delle cure che gli vengono fornite. Addirittura gli jihadisti siriani hanno spesso mostrato un minimo di ritegno davanti al lavoro fatto dai cristiani nell’aiutare la popolazione”.


LA TESTIMONIANZA DI PADRE FADI AZAR, FRANCESCANO A LATAKIA

Un elemento, quello dell’unione fra le diverse anime della Siria, spesso in lotta fra loro durante la guerra, che a evidenziato anche padre Fadi Azar, frate francescano che si occupa del dispensario di Latakia, nel nord-ovest del Paese. “Durante la guerra l’odio religioso era forte, c’era lo slogan: cristiani a Beirut, gli Alauiti nella tomba”, ricorda il religioso parlando con i giornalisti a margine della conferenza. “Ospedali aperti però ha unito nella cura persone di tutte le fedi: musulmani sciiti e sunniti, drusi, cristiani, alauiti. E’ stato un intervento della divina provvidenza, un vero miracolo per un Paese che sperimentato una divisione così profonda”.
La struttura di Latakia, spiega poi padre Azar, “ospita molti sfollati interni, persone che sono fuggite solo con i vestiti addosso. La nostra assistenza prevede la consegna di pacchi alimentari, un sostegno economico per pagare gli affitti. I nostri interventi- prosegue il francescano- si concentrano anche su uno dei settori più colpiti dalla guerra, l’istruzione. Basti pensare che 10mila scuole sono rimaste distrutte nelle ostilità”.

LA CRISI IN UCRAINA E IL RISCHIO DI DIMENTICARE ALTRI CONFLITTI

I relatori hanno concordato tutti sulla necessità di non dimenticare la crisi nel Paese mediorientale, che “è rimasto senza voce e a cui sono stati portati via soldi, speranze, lavoro, e poi i giovani”, ha affermato cardinale Zenari. “Quasi tutti i ragazzi e le ragazze siriane sognano di lasciare il Paese”.

Non trascurare la Siria è un imperativo da ribadire ancora con più convinzione adesso, in un contesto internazionale segnato dalla guerra in Ucraina. “Il conflitto nell’Est Europa ha avuto un impatto molto forte sui fondi destinati ad altre crisi, come quella siriana, ma anche congolese, venezuelana, mozambicana. Sono tutte sottofinanziate”, ha denunciato Silvestri di Avsi ai microfoni della Dire. “Gli effetti sono pesanti e noi già lo osserviamo nel nostro piccolo, sul campo. Le conseguenze più gravi si vedranno con ancora maggiore evidenza nei prossimi anni”.

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