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RECENSIONE | A Venezia 78 ‘The power of the dog’, western poco riuscito di Campion

La pellicola con Kirsten Dunst e Benedict Cumberbatch, in concorso alla Mostra del Cinema, presentata oggi al Lido

Pubblicato:02-09-2021 18:54
Ultimo aggiornamento:03-09-2021 17:40

THE POWEROF THE DOG
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VENEZIA – A dodici anni di distanza dal suo ultimo lungometraggio, Jane Campion torna al cinema con un film impregnato di virilità, ambientato nelle praterie dell’Ovest americano degli Anni 20. Si chiama ‘The power of the dog‘ ed è ispirato al romanzo di Thomas Savage, dal quale la regista ha dichiarato di essere rimasta stregata. Una storia di uomini, una novità per un’artista tanto legata al mondo femminile. “Sono una persona creativa non ho calcolato la percentuale di genere quando ho scelto di raccontare questa storia”, ha dichiarato oggi durante la conferenza stampa di presentazione della pellicola alla Mostra del Cinema di Venezia, dove è in concorso. Presenti anche due dei protagonisti, Kirsten Dunst e Benedict Cumberbatch.

THE POWER OF THE DOG, TRAMA

Il film racconta la storia di due ricchi allevatori che vivono in un ranch, dove si occupano di un grande allevamento di bestiame. Il primo, Phil, interpretato da un bravissimo Benedict Cumberbatch, è rude e omofobo, nonostante sia una persona acculturata, l’altro, George (Jesse Plemons) è educato e signorile. A sconvolgere l’equilibrio già precario tra i due fratelli, l’entrata in scena di una vedova (Kirsten Dunst), che George decide di sposare, e del suo figlio ‘strano’. L’evento farà esplodere la rabbia di Phil che inizierà a tormentare i due nuovi membri della famiglia.

“È una figura poetica complessa, non solo un cattivo-, ha dichiarato Cumberbatch parlando del suo personaggio- Per me la sua tossicità è il risultato di come è stato cresciuto, Emerge momento dopo momento, sono in grado di capirlo, non lo giudico. È oppresso, isolato nella sua situazione”. Phil, si scoprirà in seguito, è anche schiacciato da una sessualità repressa, indissolubilmente legata al suo essere omofobo.


THE POWER OF THE DOG, RECENSIONE

In contrapposizione a questo senso di oppressione di cui la narrazione è satura, ci sono gli sconfinati spazi rocciosi e pungenti del Montana (in realtà la Nuova Zelanda) che la regista cattura con la macchina da presa, incorniciandoli spesso in stile ‘hawksiano’. “In Nuova Zelanda ci sono paesaggi straordinari che ti danno un immagine di vuoto a 360 gradi, è come essere in una barca nell’oceano. Un posto anche estremamente ventoso, che ci ha creato diversi problemi”, ha spiegato la regista. Dal punto di vista visivo e interpretativo ‘The power of the dog’ non tradisce le aspettative, ma narrativamente manca di originalità e di coraggio, puntando solo e tutto sul pathos dato dall’aggressività, sempre sull’orlo di esplodere, del protagonista. Il talento di Cumberbatch purtroppo non basta, così come parlare di omosessualità in un film western non ne fa il nuovo ‘Brokeback mountain’. 

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