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Mamma Frida, Leone: “Bigenitorialità a tutti i costi un altro pregiudizio contro le donne”

Lo scrive la senatrice e vicepresidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nella sua lettera indirizzata alla Garante per l'Infanzia Carla Garlatti

Pubblicato:02-08-2022 12:34
Ultimo aggiornamento:02-08-2022 12:35
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ROMA – “Frida è una donna, una madre, vessata dalle Istituzioni di questo Paese per aver messo al mondo sua figlia contro la volontà dell’ex compagno, scappato al primo mese di gravidanza dopo aver provato in tutti i modi a farla abortire. Purtroppo l’articolo 250 sul riconoscimento tardivo ha consentito a quest’uomo di trascinare madre e figlia in tribunale dove hanno subito due consulenze tecniche d’ufficio in cui è stata fatta diagnosi di alienazione parentale nonostante la piccola (18 mesi all’epoca della prima ctu) non avesse nemmeno mai vissuto all’interno di una coppia genitoriale”. Esordisce così la senatrice e vicepresidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, Cinzia Leone, nella sua lettera indirizzata alla Garante per l’Infanzia Carla Garlatti.

La senatrice riassume così la vicenda giudiziaria di mamma Frida, sottoposta a “due consulenze in cui si è chiesto di ‘valutare le capacità genitoriali di entrambi i genitori’ ma- sottolinea la senatrice- di genitore c’era soltanto Frida”. Per Leone, si tratta di “una vera e propria caccia alle streghe contro la madre, rea di continuare a opporsi a un riconoscimento che non corrisponde all’interesse di sua figlia”. Il legale di mamma Frida, prosegue Leone, “ha provato a dimostrare che l’articolo 250 è fortemente discriminatorio nei confronti delle madri impugnando le due sentenze del Tribunale Ordinario e di Corte d’Appello in Cassazione, ma soprattutto sollevando la questione di incostituzionalità della legge che permette anche a uomini indegni del nome di padre di riconoscere un figlio contro la volontà di chi quel figlio lo ha voluto, amato e curato fin dalla gestazione. Nonostante la pendenza in Cassazione e contrariamente alla legge che stabilisce che le sentenze delle azioni di stato (riconoscimento tardivo) siano applicabili solo dopo il loro passaggio in giudicato, madre e figlia sono state vessate dai Servizi Sociali di Venezia che fin dal primo grado si sono sentiti incaricati al ruolo di affidatari della bambina e che hanno reso testimonianza in ogni procedimento penale intentato ai danni della madre, ma soprattutto ai danni di una bambina piccola, esposta così a grandissimo pericolo”.

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È di pochi giorni fa la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha, prosegue la senatrice Leone nella sua lettera, “disatteso per l’ennesima volta la Convenzione di Istanbul” rigettando il ricorso di Frida “senza nemmeno entrare nel merito della violazione di legge sulla quale sono fondate sia la sentenza di primo grado che quella di Appello: la Convenzione di Istanbul è legge dello Stato Italiano mentre il ricorso all’alienazione parentale conduce a pronunce illegittime, così come stabilito con l’ordinanza di Cassazione 9691 dello scorso 24 marzo!”.

Per la senatrice la Corte di Cassazione si sarebbe basata sulle risultanze di due ctu “viziate dall’uso del costrutto ascientifico dell’alienazione parentale” e “basandosi quindi sul pregiudizio e lo stereotipo consolidato della madre ostativa/fusionale/simbiotica, ha confermato il riconoscimento tardivo della minore” e “ha condannato la madre a ulteriori circa 6000 euro di spese processuali senza che nemmeno gli Ermellini abbiano tenuto conto del mancato mantenimento della bambina fin dalla nascita, agendo ulteriore violenza economica sul nucleo familiare composto da madre e figlia”. Di fatto, sottolinea ancora Cinzia Leone, la Cassazione avrebbe favorito “un altro grande pregiudizio nei confronti delle donne: quello della bigenitorialità a tutti i costi. Anche se il costo maggiore ricade sulle spalle di una bambina la cui vita, per volontà di un padre padrone, è stata istituzionalizzata fin dalla tenera età. Con tutti i rischi che questo comporta”, fa notare Leone in riferimento allo stato di paura in cui vivono madre e figlia .

Cinzia Leone ha poi ricordato quanto affermato nella requisitoria al caso Massaro dalla sostituta procuratrice generale Francesca Ceroni secondo cui, cita Leone, “L’approdo legislativo (l.40/2006) sul cd. diritto alla bigenitorialità, in realtà, promuove il diritto del minore ad essere curato da entrambi i genitori, come condizione astrattamente auspicabile per ogni bambino, ma certamente non contiene in sé un giudizio negativo sulle tante famiglie monoparentali, sempre più diffuse nella società civile […]. Infatti, la Costituzione italiana non riconosce espressamente il principio o il diritto alla bi-genitorialità, ancorché taluno lo voglia ricavare dagli art. 29 e 30 della Costituzione, ma l”interesse superiore del minore’, che deve essere riconosciuto e tutelato, quale preminente”.

Per la senatrice, dunque, “i diritti costituzionali della figlia di Frida sono pertanto stati violati in nome di un mal interpretato senso della bigenitorialità”. Mamma Frida, ha reso noto Leone, “sta valutando con i suoi legali l’opportunità di impugnare con reclamo la sentenza di Cassazione al fine di chiederne la revocazione. Nel frattempo, madre e figlia rimangono esposte all’arbitrio di un Servizio Sociale verso il quale pende oggi esposto all’ordine professionale e alle azioni aggressive di un ex compagno che continua a sollecitare interventi di polizia presso la residenza della minore, con la speranza evidentemente che la bambina possa essere presa con la forza (prassi definita dalla stessa ordinanza di Cassazione 9691 del 24 marzo sopracitata ‘fuori dallo stato di diritto’), che continua ad abusare del diritto depositando decine di denunce contro la madre e, beffa delle beffe, esposte alla minaccia del legale di controparte di agire un secondo pignoramento (il primo, per condanna di 46.000 euro di spese del rito di primo grado è durato un anno e mezzo, ben oltre la revoca dello stesso disposta dalla Corte d’Appello di Venezia, e ha praticamente azzerato il mantenimento disposto dal giudice fruttando inoltre un guadagno di poche decine di euro in tasca a chi pretendeva che la bambina non nascesse) che andrebbe a incidere negativamente sulle risorse a disposizione della minore”, conclude la senatrice. Il caso di mamma Frida è stato già oggetto di interessamento da parte della Commissione femminicidio che lo ha incluso tra i casi esemplari che compongono la Relazione presentata in Senato lo scorso 13 maggio.

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