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Strage di Bologna, l’ex ferroviere: “Mi imploravano ‘Aiutami’…”

"Un ferito mi guardava sotto il masso... Non lo scorderò più"

Pubblicato:02-08-2019 17:24
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:35

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ROMA – “Dopo l’esplosione, e questo l’ho raccontato in Tribunale, l’edificio della stazione non è crollato subito. C’è stato un vuoto sussultorio: ero a quattro-cinque metri dalla sala d’attesa, da dove è partita una fiammata rossa seguita da una nube di fuliggine. Una persona che era vicina alla fiamma mi è venuta incontro mentre bruciava. Non era molto alto, mi ricordo bene: quando è arrivato vicino a me aveva il bulbo oculare che colava, si vedevano i filamenti. Io gli ho messo le mani sulle spalle”. Sono i primi minuti successivi allo scoppio della bomba in stazione a Bologna, 39 anni fa, raccontati senza sconti da uno dei testimoni. A margine delle celebrazioni in Comune col ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, in presenza di autorità e istituzioni, il signore che ne parla si chiama Roberto Castaldo.

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Faceva il ferroviere allora, “il conduttore”, e stava aspettando il treno Adrian Express in arrivo da Ancona poco prima delle 9.30. A causa di 50 minuti di ritardo, tuttavia, il convoglio giunge solo alle 10.15. Alle 10.24 si accende il semaforo verde, Castaldo a bordo alza il braccio destro ma non fa in tempo a ripartire: il boato arriva prima di lui. Ripercorre oggi quegli istanti tragici Castaldo, rimasto parzialmente invalido a causa della strage: “Da un lato la pensilina, dall’altro il muro della stazione e di fronte il treno: la fiammata è passata come in un tunnel. Ricordo benissimo di essermi messo le mani alla bocca, per non ingoiare quel fumo nero e denso. Dopo un po’, sono crollate la stazione e la pensilina ed io ci sono caduto sotto”.

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È in quel momento che compare l’uomo travolto in volto dalla fiammata: “Gli ho detto ‘fermati, aspetta un attimo’, ma in gola aveva un grosso grumo di sangue e mi ha urlato ‘aiutami, aiutami’. Mentre crollava tutto, poi, ho visto un masso cadere su un’altra persona che correva: gli è finito sulla schiena, e lui è caduto ai miei piedi. Mi guardava da sotto il masso con gli occhi che sembrava mi implorassero, dicendomi ‘aiutami’ a sua volta”. Riavvolge ancora il nastro di qualche minuto l’ex ferroviere, pensando a quella mattina di 39 anni fa: “Ero rimasto sotto la pensilina, bloccato da una colonna di ghisa che mi è finita sulle gambe. Sono stato uno dei primi a essere liberato perché ero lì ‘a vista’, diciamo. Non sentivo dolore, non sentivo niente: i morti e i feriti erano talmente tanti che sono salito sulle macerie a scavare con gli altri. Mi si vede sempre in un filmato Rai, avevo la barba e la camicia da ferroviere: questa- continua Castaldo mostrando una fotografia- è una foto tratta dal filmato, è sgranata ma mi riconosco. Ero in servizio il 2 agosto, sono uno di quelli che ha riempito di cadaveri il bus 37 anche se all’inizio, quando ne trovavamo uno, ci dicevano di ‘lasciarlo lì’, dove c’erano i feriti. Mi ha fatto una gran pena lasciare quei corpi per terra”.


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Anche coordinare i soccorsi in quel caos non fu certo semplice, come conferma l’ex ferroviere: “Dopo un po’ ci hanno anche detto di non salire più sulle macerie, dovevano coordinare i soccorsi in maniera organizzata per evitare crolli. Così, sono andato a riprendere tutti i corpi. ‘Dove li mettiamo?’ Ci hanno detto di metterli nel bus, purtroppo con un biglietto di sola andata verso l’obitorio”.

Prosegue Castaldo tornando all’episodio del masso: “È passato un ragazzo che veniva da lontano, con una camicia bianca, e ha detto ‘tiriamolo su’, ma in due non siamo riusciti a spostare quel masso. Dopo un po’ ho sentito la prima sirena, i primi ad arrivare sono stati i pompieri. Li ho sentiti dall’area del piazzale e ho fatto il giro dalla galleria esterna, dove c’era il ristorante. Li ho chiamati, e i quattro pompieri hanno tolto il masso dalla schiena: l’hanno preso in due, uno per le gambe e uno per la schiena, mentre io gli tenevo le mani sulla pancia. Hanno detto ‘al tre mettiamolo sulla barella’, ma al ‘tre’ le mie mani sono finite nel ventre di questa persona”. Di tutto questo, resterà traccia per sempre nella memoria di chi c’era: “Dopo 39 anni, siamo ancora qui a ricordare: nei nostri sogni quello che è successo torna tutte le notti, la nostra vita è certamente cambiata. Avevo 26 anni e ora ne ho 67, continuando a ricordare quei momenti”, conclude l’ex ferroviere.

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