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VIDEO | FOTO | Aborto, Zampa: “Rivedere linee guida. E su obiezione serve rispetto legge e diritto”

A Roma il presidio di Pro Choice per chiedere l'estensione dell'aborto farmacologico da 7 a 9 settimane in consultorio o ambulatorio: una delegazione ricevuta da Sandra Zampa che promette aggiornamenti delle linee guida

Pubblicato:02-07-2020 13:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:35

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https://youtu.be/dnBrf-ACa4c

ROMA – Sull’aborto farmacologico “è tempo di rivedere le linee-guida e lo dobbiamo fare alla luce delle evidenze scientifiche. Le linee guida varranno per tutti, la Regione Umbria ha scelto una strada senza nessun fondamento scientifico“. Così ai giornalisti la sottosegretaria al ministero della Salute, Sandra Zampa, a margine dell’incontro con una delegazione delle attiviste Pro-Choice che stamattina hanno manifestato in piazza Castellani a Roma, proprio davanti al ministero della Salute, per chiedere l’aborto farmacologico fino a 9 settimane senza ricovero ospedaliero e la contraccezione gratuita.

Confermati tempi brevi per l’aggiornamento delle linee guida, per cui “noi pensiamo che si possa prendere in considerazione il day hospital e l’ambulatoriale– aggiunge Zampa-. Nessuna evidenza scientifica porta a ritenere che siano necessari tre giorni, al contrario in tutta Italia si pratica in realtà il day hospital o l’ambulatoriale, alcune Regioni andavano già verso la formula ambulatoriale che è quella usata in Europa. Non so cosa il Consiglio superiore di sanità deciderà, ma certamente andrà in una direzione che tiene conto delle evidenze”.


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E sugli aborti clandestini Zampa conclude: “La relazione che è stata consegnata al Parlamento ci dimostra che la legge 194 funziona. Ha un problema serio che è quello dell’obiezione di coscienza, che raggiunge ormai percentuali oggettivamente preoccupanti. Tuttavia il ministro ha ricordato che anche l’obiezione deve fare i conti con il rispetto del diritto e anche, io aggiungo, di una legge”.

IL PRESIDIO DI PRO-CHOICE A ROMA

‘Mattina e sera staremo qua a ricordarvi la nostra libertà, oggi e domani Speranza lo sa noi non molliamo finché a 9 arriverà’. Cantano così le attiviste della rete Pro-Choice Rete Italiana contraccezione e aborto che stamattina si sono date appuntamento vestite di rosso, con fiori, striscioni e palloncini, in piazza Castellani a Roma, davanti al ministero della Salute, per chiedere l’estensione dell’aborto farmacologico da 7 a 9 settimane in consultorio o ambulatorio e la contraccezione gratuita per tutte.

Rivendicazioni tornate alla ribalta con la manifestazione femminista dello scorso 21 giugno a Perugia contro la decisione della governatrice dell’Umbria, Donatella Tesei, di obbligare al ricovero ospedaliero di tre giorni le donne che scelgono la pillola abortiva. L’atto politico ha fatto da detonatore alla mobilitazione delle donne, culminata oggi con la consegna alla sottosegretaria della Salute, Sandra Zampa, e a una rappresentante dell’Aifa, delle 80mila firme raccolte dalla petizione per la contraccezione gratuita e responsabile e delle sottoscrizioni ricevute dal mondo della politica, dell’associazionismo, della cultura e delle professioni mediche all’appello sull’aborto farmacologico promosso dalla rete Pro-Choice durante l’emergenza coronavirus.

RU2020 Rete Umbra per l’autodeterminazione, Amica (Associazione medici italiani contraccezione e aborto), Non Una Di Meno, Casa Internazionale delle Donne, Laiga, Amnesty International, Unar, Vita di Donna, Coordinamento delle assemblee delle donne dei consultori di Roma e del Lazio solo alcune delle realtà presenti in piazza a manifestare per la piena attuazione della legge 194, per il suo aggiornamento con l’introduzione della prescrizione domiciliare della Ru486, resa ancora più urgente dalla pandemia, e il rafforzamento della rete consultoriale.













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Nessuna obiezione sui nostri corpi‘, si legge su uno striscione steso a terra, ‘Più preservativi meno Salvini’ sta scritto più in là su un cartello steso al sole assieme a preservativi e foglietti illustrativi. Mentre a terra in un ombrello aperto giacciono scatole vuote di Mifegyne (Mifeprostone), accanto a sedano e prezzemolo messi ai piedi del rotolo delle firme, “erbe usate dalle donne in decotto per provocare l’aborto quando non avevano altri mezzi, spesso rimettendoci la pelle, con cui oggi vogliamo dire di abbandonare il passato per proiettarci verso il futuro”, spiega alla Dire Carla Eleonora Ciccone di Laiga e Rete Pro-Choice.

“Siamo qui davanti al ministero della Salute perché vogliamo mettere un po’ fretta, perché la percezione è che per loro l’estate non sia un problema– dichiara all’agenzia di stampa Dire Marina Toschi, ginecologa della Rete umbra per l’autodeterminazione e della Rete italiana per la contraccezione e l’aborto-. Noi che vediamo le donne che rimangono senza servizi ivg aperti durante l’estate, sappiamo quanto sarebbe importante cominciare subito a utilizzare l’aborto farmacologico in maniera più semplice e diffusa. In Italia si può usare solo fino a 7 settimane, nel resto del mondo fino a 9“.

Stop all’obbligo del farmacologico in ospedale, quindi, “perché si può fare benissimo all’interno di un consultorio o un poliambulatorio– aggiunge Toschi- In Portogallo si fa, in Irlanda lo fanno i medici di famiglia, in Francia le ostetriche, perché non è possibile da noi? Chiediamo questo: accorgersi che è tanto tempo che aspettiamo, anche per la contraccezione gratuita, per cui chiediamo il rispetto dell’articolo 2 della 194 che lo prevede”.

“Ascoltiamo donne di tutta Italia che ci dicono che non danno la pillola del giorno dopo, tolta da Beatrice Lorenzin dalla lista dei farmaci obbligatori che bisogna avere in farmacia”, sottolinea Elisabetta Canitano, ginecologa dell’associazione Vita di Donna, mentre Serena Fredda, attivista di Non Una Di Meno-Roma punta il dito contro il sistema sanitario che durante l’emergenza coronavirus “ha messo sostanzialmente ai margini i servizi ivg e per la salute sessuale e riproduttiva delle donne, che hanno funzionato a scartamento ridotto producendo un enorme disagio per le donne che si sono ritrovate a vivere in quel momento una gravidanza non desiderata. Introdurre la Ru486 a pieno regime senza ricovero ospedaliero- sottolinea Fredda alla Dire- alleggerisce ospedali e spesa sanitaria e consente alle donne un approccio più sereno a questo intervento”. 

“Durante il lockdown abbiamo avuto tante segnalazioni di ragazze che ci chiamavano da un consultorio che risultava chiuso per il Covid– riprende Toschi- Una delle cose che noi chiediamo è che ci sia un numero unico del ministero che risponda alle donne che hanno problemi di salute sessuale e riproduttiva come c’è per l’Aids” così come è fondamentale “un sito sulla contraccezione. Andremo avanti finché non otterremo il risultato, compreso la riorganizzazione dei consultori”, è la promessa di Toschi, che auspica l’apertura di un tavolo al ministero su questi temi.

E proprio dal ministero, dopo l’incontro con le attiviste, arriva un impegno: “Abbiamo presentato le 80mila firme che chiedono che i contraccettivi siano resi gratuiti e le firme raccolte per facilitare l’accesso all’aborto farmacologico ostacolato dalle linee guida ferme a dieci anni fa e dalle indicazioni dell’Aifa nel 2010 diede quando autorizzò l’immissione in commercio- fa sapere ai giornalisti Eleonora Cirant, della rete Pro-Choice-. Le rappresentanti delle istituzioni ci hanno garantito che entro il mese il Consiglio superiore di sanità a cui il ministro ha fatto richiesta di un parere per la modifica delle linee di indirizzo risponderà e che Aifa sta collaborando per dare una risposta. La dichiarazione è che le linee di indirizzo verranno aggiornate sulla base delle nostre richieste“. Sollevato nel corso dell’incontro “anche il problema degli aborti clandestini che sono 11-14mila. A 41 anni dall’introduzione di una legge che legalizza l’aborto nel nostro Paese- conclude Cirant- riteniamo che sia molto grave”.

https://youtu.be/7YAGqWn51_g

COSSUTTA (CASA DONNE): CHIEDIAMO CONTO A GOVERNO E PARLAMENTO, SERVE UNO SCATTO

“Siamo qui perché queste sono battaglie fondamentali che sono dentro la storia delle lotte delle donne. La battaglia per la 194, per la sessualità libera, per la libertà di scelta sulla procreazione. E siamo qui perché l’attacco la legge 194 viene da lontano, continua, e oggi c’è una strategia organizzata e finanziata con grandissima ipocrisia”. Così all’agenzia di stampa Dire la presidente della Casa Internazionale delle Donne di Roma, Maura Cossutta, a margine del presidio organizzato dalla rete Pro-Choice davanti al ministero della Salute in piazza Castellani a Roma per chiedere l’aborto farmacologico fino a 9 settimane senza ricovero ospedaliero e la contraccezione gratuita. “Io dico che bisogna fare un’operazione verità- aggiunge Cossutta- Parlano di difesa della salute delle donne perché la Ru486 non può essere data se non in ospedale. Dove erano quando con la legge 40 difendevano gli embrioni e non la salute delle donne? Dove erano e dove sono quando con gli obiettori di coscienza non si dà assistenza alle donne che abortiscono, anche quando sono in pericolo di vita? C’è una grande ipocrisia, serve uno scatto. Siamo qui perché le donne stanno chiedendo conto al Governo, al Parlamento, al ministro della Salute. Si dice tanto che con il Covid ci vuole il cambiamento. Non c’è cambiamento possibile- conclude la presidente della Casa Internazionale delle Donne- senza la libertà e i diritti delle donne”.

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