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La richiesta dei Riders a Di Maio: “Vogliamo essere ‘subordinati'”

"Adeguare la qualifica di subordinati ai rider ci sembra l’unico modo per rispettare pienamente quanto richiesto dai lavoratori stessi"

Pubblicato:02-07-2018 16:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:19
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BOLOGNA – “Lo diciamo chiaramente: adeguare la qualifica di subordinati ai rider ci sembra l’unico modo per rispettare pienamente quanto richiesto dai lavoratori stessi“. Prima di essere ‘riders’ vogliono essere chiamati ‘lavoratori’: questa è la principale richiesta che oggi i ciclofattorini di mezza Italia hanno presentato davanti al ministro del Lavoro, Luigi di Maio.

La prima cosa da cambiare, secondo loro, è “rivedere la qualificazione del rapporto di lavoro, che, in questo momento, è asimmetrico tra piattaforma e lavoratori”. In quanto rider, “rifiutiamo la retorica secondo la quale le aziende di food delivery sarebbero dei marketplace e i rider dei lavoratori autonomi che collaborano con le piattaforme”, scrivono in una nota Riders Union, l’associazione che li riunisce.

“Che il lavoro sia fatto per poche ore a settimana o per tante, per un breve periodo o per tutta la vita, da studenti o da lavoratori all’ennesimo impiego poco importa: se il rispetto del lavoro non verrà garantito a tutti, allora tutti sono a rischio di vedere il proprio lavoro trasformato in ‘lavoretto’“, commentano i riders.


Forti anche del “decreto dignità”, presentato 10 giorni da Luigi Di Maio, che prevede “un’estensione stessa della nozione di subordinazione, così da allargare le tutele che questa comporta anche a lavori come quello del rider presentato”, i riders chiedono di essere trattati come gli altri dipendenti ‘classici’.

Perciò chiedono: “un monte ore garantito, un salario minimo, copertura assicurativa piena per infortunio e malattia, contributi previdenziali, divieto del cottimo (in tutte le forme), abolizione di meccanismi di ranking e diritti sindacali”.

Seduti al tavolo di Roma, Riders Union però rappresenta i fattorini di tutta Italia, da Bologna, Milano, Roma e Torino (le prime città che hanno creato veri e propri comitati, ndr), e per questo, l’altra richiesta è che questi contratti prevedano anche un secondo livello di regolamentazione a seconda dei “luoghi differenti di lavoro in cui ci si trova, ossia nelle città”.

Ma, concludono, “questo non può che essere fatto attraverso un confronto pieno ed effettivo con le forme di organizzazione sindacale che gli stessi rider sceglieranno“.

di Sara Forni

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