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Mamma C.: “Mio figlio in casa famiglia sta diventando cieco. Chiedo che torni a casa”

La donna ha organizzato due sit-in davanti al Dipartimento delle Politiche Sociali del Comune di Roma e davanti al Tribunale per i Minorenni per chiedere che il figlio di 8 anni torni a stare da lei

Pubblicato:02-05-2022 18:17
Ultimo aggiornamento:02-05-2022 18:17
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bambino violenza
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Di Laura Monti

ROMA – “Mio figlio deve tornare a casa da me, dalla mamma, sta male. Non vede più, sta diventando cieco, hanno chiesto un tiflodidatta per lui dalla casa famiglia”. È l’appello accorato alla Dire di mamma C. che ha organizzato due sit-in di protesta, il primo martedì 3 maggio davanti al Dipartimento delle Politiche sociali del Comune di Roma e il secondo, giovedì 5 maggio, davanti al Tribunale per i Minorenni di Roma per chiedere che suo figlio di 8 anni, Luca (nome di fantasia) ora in casa famiglia, torni a casa.

Dalle 9.30 alle 13.30 mamma C. sarà insieme ad altre mamme coraggio e a esponenti delle istituzioni, tra cui la consigliera regionale Francesca De Vito e la deputata Veronica Giannone. Titolo della protesta è ‘Stop alla bigenitorialità forzata, alla violazione della Convenzione di Istanbul, ai femminicidi e figlicidi in vita compiuti da partner violenti che trovano l’arma della legalità nei Tribunali’, come si legge nel comunicato stampa rilasciato da C. e dai suoi legali.


Il piccolo Luca si trova in una struttura alle porte di Roma da luglio: vi è stato collocato con un prelevamento coatto dalla sua abitazione; la mamma è stata giudicata “ostativa dei rapporti tra padre e figlio”. Da allora, ha avuto contatti per lo più solo telefonici con la madre, e da febbraio nemmeno più quelli. A mamma C. sono state a lungo negate anche informazioni sullo stato di salute di suo figlio, che soffre di epilessia oltre che di una patologia oculare: “Da fine febbraio non ci hanno più mandato informazioni sulla sua salute, anche il mio avvocato penalista ha fatto la sua richiesta per la documentazione e gliela hanno negata. Per due mesi interi non ci hanno comunicato nulla fino a giovedì sera“.

Lo scorso 28 aprile, C. ha ricevuto una e-mail con cui veniva informata del fatto che il figlio “è giunto alla cecità parziale per cui è stato persino richiesto il tiflodidatta per le attività scolastiche”. Viene anche comunicato che il bambino è caduto riportando “trauma contusivo e distorsivo alla caviglia e deve spostarsi con spostamenti in carrozzella”.

Il problema agli occhi, ha spiegato C., suo figlio già lo aveva ed era in cura. Una volta arrivato in struttura “dopo una settimana ha iniziato a manifestarsi il problema – ha detto C. – Insieme alle mie avvocate del tempo ho fornito subito le prescrizioni mediche con le terapie, mandando una pec urgente con le indicazioni. Ci hanno ignorato e lo hanno portato da un ottico, che gli ha diagnosticato una congiuntivite, che non ha nulla a che vedere con quello che ha Luca. Per dieci giorni non lo hanno curato con farmaci che solitamente usava – ha denunciato C. – finché l’11 agosto sono finiti in pronto soccorso e lì gli hanno dato la terapia”. Per Luca, come risulta dalla stessa mail, “l’unica soluzione continua ad essere l’intervento di trapianto ipotizzabile in futuro“.

La situazione del bambino secondo Marco Morcavallo, avvocato di C., richiede “l’urgenza di provvedere per richiedere il ripristino della collocazione del bambino presso la madre“, si legge nel comunicato. Finora, ha precisato l’avvocato, “il Tribunale minorile ha emesso un nuovo provvedimento provvisorio in cui, anziché assumere le statuizioni necessarie per la protezione urgente del bambino, richiede nuove (ed inutili) informazioni al tutore e al servizio socio-assistenziale”.

L’ultima volta che mamma C. ha visto suo figlio “è stato il 6 ottobre. Poi una videochiamata il 9 ottobre, poi il giorno di Natale e l’Epifania – ha detto – le ultime videochiamate”.

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