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D.i.Re: “Il piano antiviolenza sulle donne non c’è, i centri sì”

Allarme sul centro 'Catia Doriana Bellini' di Perugia, in bilico tra "distrazione della politica e la scarsa efficienza delle istituzioni"

Pubblicato:02-04-2021 16:53
Ultimo aggiornamento:02-04-2021 16:53

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ROMA – Un altro spazio delle donne in bilico tra la distrazione della politica e la scarsa efficienza delle istituzioni. Questa volta è il turno del centro antiviolenza ‘Catia Doriana Bellini’ di Perugia che rischia di vedere vanificati anni di impegno per il contrasto alla violenza di genere e di attività dedicata all’accoglienza delle donne vittime di violenza sul territorio umbro. Così in una nota stampa D.i.Re-Donne in Rete contro la Violenza.

Il piano nazionale antiviolenza è scaduto a dicembre 2020, ancora non si ha notizia del nuovo – e tantomeno dei finanziamenti fermi allo scorso anno – e, a fronte di una totale precarietà economica e progettuale, il Centro di Perugia non ce la fa più a sostenere a regime un’attività che, dal 2014 ad oggi, ha visto le sue operatrici accogliere oltre 1.800 donne e ad ospitarne 152 con 164 minori“, continua D.i.Re.

“È trascorso un anno da quando abbiamo scritto alla ministra Bonetti per denunciare la mancanza di risorse strutturali per la prevenzione della violenza e il sostegno alle donne, chiedendo al governo di mettere la prevenzione e il contrasto della violenza di genere in cima alla lista delle sue priorità– dichiara Antonella Veltri, presidente di D.i.Re- con l’unico risultato di avere l’ennesimo centro antiviolenza costretto a ridimensionare le proprie attività. Ma voglio ricordare alle donne che noi ci siamo e ci saremo sempre per loro, perché i centri antiviolenza della rete D.i.Re sono anche e soprattutto degli spazi politici per la costruzione della libertà delle donne: impossibile fermarli e tantomeno chiuderli”.


“Dopo molte sollecitazioni è arrivata oggi una prima risposta da parte del Comune di Perugia, ma questa situazione di precarietà che mina la sopravvivenza dei centri antiviolenza non può essere sostenuta ad oltranza– afferma Elena Bistocchi, presidente dell’associazione ‘Libera…Mente’ che gestisce il Centro antiviolenza perugino-. Ci aspettiamo che si crei un canale di comunicazione fluido e costante con le istituzioni locali, in attuazione dei protocolli che sono stati siglati e che ci permetta di programmare – seppure a breve termine, viste le modalità di stanziamento dei fondi nazionali – attività che garantiscano alle donne che si rivolgono ai nostri Centri continuità e regolarità”.

La Convenzione di Istanbul è disattesa, il governo non programma risorse strutturali– conclude Veltri- i Centri antiviolenza sono costretti a sospendere le attività, sostenute con determinazione ma anche con estrema fatica e con una quota enorme di volontariato, mentre i femminicidi e le violenze sulle donne non accennano certo a diminuire. Ma evidentemente questa non è una priorità per il nostro governo”.

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