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Angola, le ‘Tchimpaka’ per battere la siccità

Mujombe (Angola) - "La 'tchimpaka' e' vita" dice

Pubblicato:02-04-2017 13:53
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:04

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Mujombe (Angola) – “La ‘tchimpaka’ e’ vita” dice Albertina Hivaika, ‘soba’ di otto villaggi spersi nella macchia riarsa del Cunene. Indica un bacino di forma ovale, all’incirca 80 metri per 120, l’unica fonte d’approvvigionamento d’acqua per la comunita’.

Il ‘soba’ e’ il capo tradizionale: piu’ importante del sindaco, e’ la chiave per affrontare i problemi. Il primo e’ la siccita’ che, dal 2012, sta colpendo la provincia piu’ meridionale dell’Angola con particolare durezza. Alla DIRE lo spiega Matteo Tonini, esperto dell’Organizzazione per l’agricoltura e l’alimentazione (Fao) in Angola: “L’acqua e’ la radice dei problemi, la chiave delle soluzioni e la porta d’ingresso per stabilire un dialogo con le comunita’”.


Con l’ausilio della cooperazione statunitense e in collaborazione con altri organismi multilaterali, dall’Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms) al Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), la Fao sta investendo nel ripristino delle fonti idriche nel Cunene. Uno degli interventi riguarda le ‘tchimpaka’, laghi scavati in depressioni naturali che consentono di raccogliere l’acqua tra gennaio e aprile, prima della lunga stagione secca.

“Ne abbiamo gia’ ricostituite otto” dice Tonini: “Sono essenziali per la sopravvivenza del bestiame, la risorsa principale nel Cunene”. Il progetto e’ la risposta a un’emergenza. Dal 2012 il susseguirsi di siccita’ e di alluvioni ha provocato la morte di oltre 100 mila capi di bestiame. È per questo che Albertina tiene cosi’ tanto alle sue ‘tchimpaka’.

“Soltanto avendone cura restera’ acqua fino al termine della stagione secca” dice. Concorde, anche in questo, con gli esperti della Fao. “Nel Cunene i portoghesi ne avevano scavate 400 ma durante la guerra civile sono state abbandonate” sottolinea Tonini. “Ora bisogna rimuovere il fango e ricostituire gli invasi affinche’, a 15 anni dalla fine del conflitto, le comunita’ possano diventare piu’ resilienti”.

di Vincenzo Giardina

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