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Rapporto Onu sulla Siria: “Decine di migliaia di desaparecidos”

L'avvocato Anwar Al-Bunni alla Dire: "Contro il regime serve un processo di Norimberga"

Pubblicato:02-03-2021 13:21
Ultimo aggiornamento:02-03-2021 13:45

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ROMA – A dieci anni dall’inizio del conflitto, la Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sulla Siria ha denunciato che “decine di migliaia di civili detenuti arbitrariamente risultano ancora scomparsi, mentre a migliaia sono stati sottoposti a tortura e violenza sessuale o sono morti in carcere”. Il report, pubblicato in settimana, è sostenuto da 2.650 interviste. I suoi autori hanno condotto indagini in oltre un centinaio di centri di detenzione siriani.

A pochi giorni dal 15 marzo, giorno che segnerà i dieci anni dall’inizio della guerra in cui hanno perso la vita almeno 350.000 persone, il presidente della Commissione, Paulo Pinheiro, ha riferito che “la detenzione arbitraria da parte delle forze governative di oppositori politici, giornalisti, attivisti per i diritti umani e manifestanti è stata sia una causa che un fattore scatenante del conflitto”.

Pinheiro non ha puntato il dito solo contro il governo del presidente Bashar Al-Assad ma anche sui tanti “gruppi armati e organizzazioni terroristiche”, tra cui lo Stato islamico (Isis), responsabili di “privare le persone della libertà, commettendo atroci violazioni contro di loro” anche per via dell’appartenenza comunitaria o religiosa. Nel documento si denunciano infine violenze sessuali compiute su bambini e bambine a partire dagli 11 anni.


La denuncia delle Nazioni Unite è giunta a pochi giorni dalla prima condanna al carcere di un ex funzionario dei servizi di sicurezza del governo di Assad, ritenuto colpevole da un tribunale tedesco perché ha contribuito all’incarcerazione e poi alla tortura di decine di manifestanti arrestati durante la sollevazione popolare pacifica del 2011 che degenerò prima in guerra civile e poi in un conflitto a cui hanno partecipato anche eserciti stranieri.

Anwar Al-Bunni, avvocato di origine siriana residente in Germania, tra i legali che hanno preso parte al processo, all’agenzia Dire dichiara: “La condanna contro l’ex ufficiale Eyad Al-Gharib è diretta all’intero regime siriano, il vero ideatore e mandante di questo ‘sistema genocidario’. Il giudice nella sentenza è stato chiaro su questo punto”.

Anwar Al-Bunni

Secondo l’avvocato, non è un caso che il processo sia partito in Germania, un Paese che “ha imparato dalla propria storia, guardando al processo internazionale di Norimberga“, quando furono processati i gerarchi nazisti una volta conclusa la Seconda guerra mondiale. Al-Bunni sottolinea che “nella sentenza il giudice di Coblenza ha citato Norimberga e ricordato anche il massacro di Hama del 1982”. Allora nella città siriana un movimento antigovernativo fu represso a seguito di un assedio militare che durò quasi un mese, guidato dal fratello dell’allora presidente Hafiz Al-Assad, il generale Rifaat Al-Assad. Si calcola che i morti furono tra i 2.000 e i 4.000.

Al-Bunni fa parte del movimento di familiari dei “desaparecidos” che attraverso le loro denunce “stanno portando alla sbarra tanti ex esponenti del regime oggi rifugiati in Europa”. L’avvocato sottolinea: “Non solo a Coblenza, ma anche in Olanda, Danimarca, Austria, Svizzera, Belgio, Norvegia, Francia e Svezia, la magistratura sta indagando e vari processi sono già partiti“.

Secondo Al-Bunni, l’Italia “dovrebbe fare altrettanto”. L’avvocato spiega: “So che ci sono tanti interessi di mezzo ma non si possono calpestare la giustizia e i diritti; anche perché queste condanne potrebbero servire a prevenire altri crimini in Siria”.

Infine un cenno al secondo imputato nel processo di Coblenza, Anwar Raslan. “È accusato di torture su 4.000 persone e svariati omicidi” dice Al-Bunni. “La sentenza arriverà forse a ottobre, perche’ bisognerà ascoltare almeno 50 persone tra cui i testimoni delle violenze, ex ufficiali delle carceri pentiti, nonché esperti – tra cui medici forensi – per analizzare le foto delle vittime e le immagini satellitari delle carceri e delle fosse comuni”.

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