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Legge 194, nel Lazio ci sono solo 7 medici per i reparti di patologie del feto

Più del 40% degli ospedali non eroga né l'interruzione di gravidanza nei 90 giorni né quella dopo i 90 per malformazioni gravi o pericolo di vita

Pubblicato:02-03-2017 17:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:58

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ROMA – “La legge 194 è molto chiara, ben fatta ma va applicata. All’articolo 9 dice che gli enti ospedalieri devono erogare tutti i servizi previsti dalla 194: l’interruzione di gravidanza volontaria nei primi 90 giorni e quella dopo i 90 giorni per malformazioni del feto gravi o pericolo di vita della donna. Se andiamo a vedere l’ultima relazione che la ministra della Salute ha portato al Parlamento, ben più del 40% degli ospedali non eroga nessuno dei due servizi previsti. Inoltre, l’altro 59% degli ospedali eroga solo il primo servizio (interruzione di gravidanza volontaria nei primi 90 giorni). Si pensi che nei reparti di Patologie del feto e pericolo di vita della donna siamo ormai pochissimi: nella regione Lazio siamo rimasti in 7 persone e stiamo pure per andare tutti in pensione”. Lo spiega alla DIRE Silvana Agatone, presidente della Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194/78 (Laiga).

“In molti ospedali il servizio d’interruzione gravidanza è tenuto in piedi da un unico medico non obiettore– continua il presidente dell’associazione-, la cui vita non è semplice essendo di fatto circondato da persone che abusano del concetto di obiezione di coscienza. Fortunatamente questo non accade ovunque, ma nel Centro Sud Italia, nel Veneto e altrove il non obiettore è visto come colui che svolge un servizio sporco. Ognuno ha il diritto di boicottare quello che fa”.


Il non obiettore subisce un grande stress e ha un grande carico di lavoro? “Il carico lavoro non è deciso da lui- risponde Agatone- ci sono ospedali che decidono di dare spazio a due posti a settimana per l’interruzione di gravidanza e questa non è una scelta del non obiettore. Ovviamente tutto viene scelto senza avere la conoscenza della domanda che c’è nel territorio relativo a quell’ospedale, così come la ministra della Salute non ha la conoscenza della richiesta che c’è in tutto il territorio nazionale”.

Laiga ha proposto di effettuare uno studio sulla reale richiesta di aborto sul territorio, “ma non c’è stata data la veste ufficiale, e come piccola associazione non possiamo chiedere dati che variano da regione a regione. Sappiamo però che molte pazienti italiane hanno delle difficoltà quando vanno nei consultori a cercare il medico non obiettore per il certificato”, racconta Silvana Agatone, presidente della Libera associazione italiana ginecologi. Queste donne “devono attendere che l’unico medico non obiettore venga al consultorio una volta la settimana, dove magari ha tutto pieno e bisogna aspettare. Dopo per fatto il certificato, poi, bisognerà attendere ancora un’altra settimana e per molte pazienti italiane- spiega il medico non obiettore- questa è una corsa a rispettare i tempi, che non dipenderanno da loro, figuriamoci poi se parliamo delle straniere“.

Agatone per presentare meglio la situazione italiana fa un esempio: “Parliamo di Trapani, dove c’era un unico medico non obiettore ad effettuare 80 interventi al mese per tutta la provincia di Trapani. Quando è andato in pensione il servizio è stato chiuso, ed è stato riaperto solo quando gruppi di donne hanno fatto scalpore. A questo punto si è cercato di porre rimedio, ma malamente- denuncia il presidente di Laiga-: si fanno pochi interventi, non si fanno più interventi per patologie del feto, se non entro un periodo limite di settimane ancora più ristretto di quello che determina la legge. Insomma, il Servizio è ripreso non completamente e in maniera molto ridotta per patologie, tempi e numero di pazienti. Infine- sottolinea il presidente di Laiga- quando il servizio a Trapani è stato chiuso, della domanda nessuno se ne è occupato. Una domanda che non viene registrata: 80 persone operate ogni mese non può significare che non ci sia più una richiesta”.

Cosa possiamo dire degli aborti clandestini? “Qui il dato è letto in maniera schizofrenica. Ogni Medico non obiettore che esegue un intervento deve compilare una scheda che viene successivamente inviata all’Istat. Il medico che a Trapani faceva ogni mese 80 schede ma che poi è andato in pensione ha significato che per mesi non sono state inviate più le 80 schede mensili. Si poteva dire quindi che a Trapani è drasticamente diminuito il numero di aborti e che tutto va bene se non ci sono i non obiettori, ma non è così. Purtroppo- chiosa Agatone- la situazione di Trapani vale per tutta l’Italia. La ministra conta gli aborti fatti, ma i non obiettori stanno diminuendo perché vanno in pensione e non ci sono le nuove leve non obiettrici. Questo vuol dire che diminuiscono i non obiettori e quindi diminuiscono quegli aborti fatti alla luce del sole. Se non si conosce la domanda- afferma- non si sa se l’offerta è giusta”. ù

Ci sono dati sul numero di aborti clandestini? “No. In effetti al momento viene seguito un modello matematico che non riesce a descrivere la realtà dei fatti. Dire che tutto va bene è solo una conclusione superficiale e incompleta che non rispecchia e che nulla sa della realtà del territorio”. Infatti, è quanto si riscontra nella relazione al Parlamento del 2014 sull’interruzione volontaria di gravidanza, sono anche presentate le ultime stime effettuate dall’Iss sull’aborto clandestino (le trovate qui), dove si legge: “Per il 2012, utilizzando lo stesso modello matematico applicato nel passato, pur tenendo conto dei suoi limiti legati principalmente alla mancanza di dati sulla diffusione di metodi contraccettivi e alle modifiche avvenute nel nostro Paese per quanto riguarda la popolazione (diminuzione delle donne in età fertile e aumento della popolazione straniera) e la riproduzione (desiderio di un numero inferiore di figli, spostamento dei concepimenti ad età più avanzate) si arriva a valori di circa 15.000 casi. Queste stime indicano una stabilizzazione del fenomeno negli ultimi anni e una notevole diminuzione rispetto agli anni ’80-’90 (100.000 erano i casi stimati per il 1983, 72.000 nel 1990 e 43.500 nel 1995)”.

Alla luce dell’attuale situazione Laiga ha una richiesta: “In Italia ci sono 59 milioni di italiani, di cui 51 milioni sono cattolici. Una maggioranza che ha chiesto una legge, che ha chiesto di usufruire della possibilità di scegliere di fare un aborto in sicurezza. Pensiamo che bisogna rispettare l’obiezione, ma che deve arrivare a un massimo del 50% per rispettare la legge. Quindi il numero minimo di medici non obiettori deve essere del 50%“.

L’interruzione volontaria di gravidanza “non è un intervento al setto nasale, che si può rimandare. La donna la può effettuare per legge entro determinati limiti- ricorda il medico- e bisogna darne la possibilità. Ne deriva, inoltre, che il servizio non può essere tenuto da un unico medico non obiettore, perché può ammalarsi, andare in ferie o in pensione. E’ un servizio che ha un carattere di urgenza, perché ci sono tempi da rispettare. Inoltre, per le malformazioni fetali la legge afferma che l’intervento va effettuato immediatamente. Immediatamente dove, se nel Lazio le province di Frosinone, Viterbo, Rieti e Latina non hanno un medico che fa questo intervento per le malformazioni? L’Italia è fuori legge“.

I medici non obiettori subiscono delle conseguenze psicologiche dalla loro scelta? “Dipende dall’ambiente in cui si trovano- precisa Agatone-. Ad Aosta i colleghi sono 9 su 10 non obiettori e si respira un clima culturale di normalità“. C’è una regione maglia nera? “In Campania stanno abbastanza male, hanno grossi problemi. L’ambiente intorno è ostile, non ci sono obiettori ma boicottatori. Sono tante le situazioni di disagio- conclude il presidente di Laiga-, ma ripeto che non accade ovunque, dipende dalla cultura”.

di Rachele Bombace, giornalista professionista

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