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Mafia, confisca da 150 milioni a Zummo: fu autore del ‘sacco’ di Palermo

Ricoprì un ruolo trasversale durante la guerra di mafia, il giudice Giovanni Falcone già insospettito dalle protezioni che il costruttore vantava

Pubblicato:01-12-2020 06:57
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:40

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PALERMO – Passa allo Stato un patrimonio da 150 milioni di euro appartenente al costruttore Francesco Zummo. La Direzione investigativa antimafia di Palermo, su disposizione della Corte di appello del capoluogo siciliano, ha eseguito un provvedimento di sequestro e contestuale confisca dell’intero patrimonio di Zummo, noto imprenditore edile locale, considerato “a disposizione” di Cosa nostra fin dai tempi di Toto’ Riina e Bernardo Provenzano per il riciclaggio di denaro nel settore edilizio. A partire dalla fine degli anni Sessanta, Zummo, con il consuocero Vincenzo Piazza, ritenuto dagli inquirenti “consigliere” della famiglia mafiosa di Palermo-Uditore, e con il defunto socio e suo fedele braccio destro Francesco Civello, “fu tra i principali responsabili – ricorda la Dia – del ‘sacco’ di Palermo“, che vide protagonista l’ex sindaco Vito Ciancimino, realizzando un impero edile di circa 2.700 immobili. L’imprenditore, nonostante fosse vicino alle famiglie mafiose della Noce, prima, e a quella dell’Uditore, poi, ricopri’ un ruolo trasversale rispetto alle vicende della guerra di mafia che portarono vari boss ad alternarsi per conquistare un controllo egemone sulla citta’ e la provincia. “Lo dimostra il fatto – ricorda ancora la Dia – che fu prestanome e custode dei proventi del narcotraffico, oggetto dell’indagine ‘Pizza Connection’, riconducibili ai boss Gaetano Badalamenti e ai Gambino, a Leonardo Greco e Michelangelo Aiello, nonche’ a quelli, di altra provenienza illecita, di Fulvio Lima, nipote di Salvo”. La protezione che Zummo avrebbe vantato in cambio di tangenti e appartamenti a suo tempo attiro’ le attenzioni investigative dell’allora giudice istruttore Giovanni Falcone, “poi riscontrate dalle convergenti dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, fra i quali spicca la testimonianza di Massimo Ciancimino”.

Anni di indagine della Dia palermitana, coordinata dalla locale Procura della Repubblica e dalla Procura Generale, hanno portato all’arresto e alla condanna di Zummo con l’iniziale sequestro di un patrimonio a suo tempo stimato in 300 miliardi di lire.


Dopo un lungo e complesso iter processuale, un annullamento con rinvio della Corte di Cassazione – chiamata ad esprimersi dal Procuratore Generale di Palermo sul dissequestro e la restituzione del patrimonio nel 2016 – la Corte d’Appello di Palermo ha stabilito che il patrimonio accumulato e’ il risultato dell’esercizio “di una vera e propria impresa mafiosa”. Sono cosi’ finite sotto sequestro e confisca 11 aziende, centinaia di conti correnti e immobili costituiti da numerosi appartamenti, ville terreni e aziende agricole a Palermo e provincia, nonche’ cinque complessi residenziali nella provincia di Siena, su cui la Dia di Palermo, in collaborazione con quella di Firenze, ha posto i sigilli.

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