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Piano Nazionale AIDS, SIMIT: “La sua applicazione è ancora ferma in gran parte delle Regioni italiane”

“Negli ultimi anni il numero di nuove infezioni si stima che sia rimasto stabile, ma lo scarso e nella maggioranza dei casi tardivo ricorso al Test HIV in Italia e l’evidente caduta d’attenzione sul tema prevenzione suscitano preoccupazione”, sottolinea il Prof. Massimo Galli, Presidente Simit e consigliere nazionale di ANLAIDS

Pubblicato:01-12-2018 14:44
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:51
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ROMA – Il Piano Nazionale AIDS è stato elaborato come preludio alla auspicabile revisione delle Legge 135/90 – “Piano degli interventi urgenti in materia di prevenzione e lotta all’AIDS”, ormai superata, ed è espressione di un forte coinvolgimento con le associazioni di volontariato per organizzare, il cui ruolo fondamentale per raggiungere con interventi di prevenzione efficaci le popolazioni chiave, nelle quali il rischio di trasmissione è più elevato.

A distanza di quasi 30 anni dalla Legge 135, la situazione è profondamente cambiata non solo in termini epidemiologici, ma anche per quanto attiene alla realtà socio-assistenziale – spiega il professor Massimo Galli, Presidente SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, e Consigliere Nazionale di ANLAIDS – “Rimangono ancora questioni irrisolte, prima fra tutte il persistere della diffusione dell’infezione: negli ultimi anni il numero di nuove infezioni si stima che sia rimasto stabile, ma lo scarso e nella maggioranza dei casi tardivo ricorso al Test HIV in Italia e l’evidente caduta d’attenzione sul tema prevenzione suscitano preoccupazione. E questo in una situazione in cui lo stigma, frutto anche del ritorno dell’ignoranza, continua ad imperversare ”.


GLI APPUNTAMENTI – Se n’è parlato a conclusione del 31° Convegno Nazionale Anlaids Onlus, che si è svolto giovedì 22 e venerdì 23 a Genova, ma tali riflessioni saranno ribadite, al fine di sollecitare le Istituzioni, anche in occasione del XVII Congresso Nazionale SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, che si svolgerà a Torino, da domenica 2 sino a mercoledì 5 dicembre.

GLI OBIETTIVI – Sulla base di questi presupposti, il Piano Nazionale AIDS 2017-2019, ispirato dalle agenzie internazionali ha posto i seguenti obiettivi prioritari: ridurre il numero delle nuove infezioni; facilitare l’accesso al test e l’emersione del sommerso; garantire a tutti l’accesso alle cure; mantenere in cura i pazienti diagnosticati; migliorare lo stato di salute e di benessere delle persone infette; coordinare i piani di intervento sul territorio nazionale; tutelare i diritti sociali e lavorativi delle persone infette; promuovere la lotta allo stigma; coinvolgere attivamente le popolazione chiave.

Possiamo individuare tre punti fondamentali – spiega il prof. Galli – “Anzitutto, come limitare i rischi di ulteriore diffusione dell’infezione nell’ambito delle popolazioni chiave (uomini che hanno rapporti con altri uomini, tossicodipendenti, detenuti, sex workers, transgender); in secondo luogo, la prevenzione rivolta alla popolazione generale con particolare attenzione ai giovani; infine, come implementare e migliorare l’assistenza delle persone affette da HIV. È un aspetto cruciale per l’obiettivo 90-90-90 dell’OMS, cioè l’ottenimento del 90% delle diagnosi di infezione sulla stima degli infetti in ciascun paese; far si che il 90% dei portatori delle infezioni diagnosticate siano in contatto con i centri; infine, azzerare la viremia nel 90% dei soggetti di questo secondo 90% con la terapia antiretrovirale”.

A un anno dall’approvazione del Piano, la sua applicazione è ancora ferma in gran parte delle Regioni italiane”, aggiunge il prof. Galli. “Ai quattro gruppi di lavoro costituiti presso il Ministero della Salute, che stanno procedendo validamente per il coordinamento degli interventi d omogeneizzazione della raccolta e del flusso dei dati, della formazione degli operatori, degli interventi di prevenzione e dei percorsi di assistenza e di mantenimento in cura partecipano una parte delle Regioni. La richiesta inoltrata dal Ministero per la costituzione in ogni Regione delle Commissioni AIDS, strumento importante richiesto dal piano e fondamentale per la sua applicazione, è ancora ampiamente inevasa. Gli interventi di prevenzione nelle scuole richiedono un lavoro comune con il Ministero dell’Istruzione (MIUR) che non sembra prendere il via”.

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