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Il lago di Cava Gabbana a rischio, il polmone verde di Milano sta per essere interrato

L'iniziativa di interramento voluta dall’azienda proprietaria dell’area e autorizzato dall'amministrazione del Comune alle porte di Milano | Di Riccardo Chiossi

Pubblicato:01-11-2020 12:29
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:09
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MILANO – Il lago di Cava Gabbana, uno dei sei laghi inseriti nel del Parco Est delle cave, polmone verde e area protetta dell’est milanese, rischia di scomparire e diventare una discarica di terra.

Lo specchio d’acqua, emerso spontaneamente alla fine degli anni ’70 dopo la conclusione della attività estrattive, è infatti piombato da un paio d’anni nell’interesse di un’iniziativa di interramento voluta dall’azienda proprietaria dell’area (Immobiliare Cascina Rodano) e autorizzato dall’amministrazione del Comune alle porte di Milano. Tuttavia, non tutto pare procedere secondo le regole, e soprattutto non tutti sono d’accordo con la decisione.

L’accordo tra Comune e proprietà risale al 2018, ma è nel luglio 2019 che la questione inizia a far rumore. In piena estate infatti, uno dei residenti della zona verde di Vimodrone si affaccia al balcone del suo appartamento che dall’alto guarda al lago: poco dietro allo specchio d’acqua, leggermente nascosto ma comunque visibile, c’è un cantiere.


Mi sono accorto che degli alberi erano stati tagliati e il prato dietro al lago non era più interamente verde, c’era una parte grigia, asfaltata”: a scoprire tutto ciò è Franco Ingangaro, che subito si preoccupa per la piccola oasi di Vimodrone. “Ci sono rimasto malissimo” racconta Franco, il quale, dopo qualche ora di riflessione, decide di rivelare tutto ai propri concittadini su Facebook. Passa solo qualche giorno e da lì, nasce il comitato ‘Salviamo il Lago Gabbana’.

Trascorre un altro giorno soltanto e Ingangaro ha la fortunata opportunità di incontrare ad un meeting di lavoro alcuni dirigenti della piccola città alle porte di Milano: il sindaco Dario Veneroni e l’assessore all’ambiente Andrea Citterio. La loro risposta è lapidaria: “Il permesso di costruire è già stato dato alla proprietà”.

Ultimo capitolo nelle intenzioni del Comune ma non per la neonata delegazione di cittadini di Vimodrone, per cui invece è solamente l’inizio. La prima mossa del comitato ‘Salviamo il Lago Gabbana’ è quella di richiedere l’accesso agli atti del Comune, che però dà parere negativo. Il secondo tentativo è una petizione: di persona ai gazebo e online su change.org vengono raccolte 1.600 firme, immediatamente trasmesse al Comune ed altrettanto velocemente ignorate.

E’ Alessia Cappellini la presidente del comitato: “Grazie alla nostra insistenza e perseveranza siamo riusciti a farci ascoltare. Il 1° ottobre 2019 abbiamo partecipato ad una prima assemblea organizzata dal sindaco assieme ai consiglieri comunali. I lavori– dice- sono iniziati e contestualmente anche nascosti a tutti. Non c’è stata nemmeno una discussione in consiglio. Il comune e la società proprietaria dell’area hanno siglato l’accordo con il silenziatore”.

Nessuna analisi ambientale, documentazione insufficiente e neanche un piano strategico d’intervento: “Non è stato eseguito nessun controllo preliminare. Anche i comuni confinanti di Brugherio e Cernusco sul Naviglio ci hanno dato il loro sostegno. Entrambi in consiglio hanno bocciato a maggioranza assoluta il progetto bomba tra il Comune e la Rodano, la società proprietaria della zona”.

La grottesca ipotesi d’interramento del Lago Gabbana ha circolato alla velocità della luce a Vimodrone. Tantissimi hanno aderito al comitato cittadino. “Sono venuto a saperlo grazie a dei volantini che giravano e al passaparola dei miei compaesani. Poi sono entrato nel comitato”: lui è Ernesto Pedrini, ex presidente del circolo Legambiente di Vimodrone. “Sarebbe un grosso errore cancellare il lago, sia dal punto di vista paesaggistico, che da quello biologico e naturale– spiega– L’area rappresenta un punto di passaggio della fauna migratoria, una funzione molto importante per l’intero ecosistema della pianura”.

Il pretesto di chi vuole costruirci sopra è quello di una necessaria riqualificazione ambientale: “E’ solo una scusa. L’area non è né degradata, nè abbandonata. E’ una zona lasciata alla natura. Non deve essere messa in vendita per finire nelle mani dell’uomo”. Comunque per Pedrini ci sono ancora tanti fattori in ballo: “Oltre al profilo amministrativo, ci sono altri aspetti da considerare. In questo periodo la situazione generale è difficilissima. E’ tutto in continua evoluzione”.

Il tema delle gravi ripercussioni sulla fauna e del problematico inquinamento della falda acquifera è molto caro all’organizzazione ‘Bene Comune Cernusco’, la cui portavoce è Jasmine La Morgia: “Il Lago Gabbana è una falda acquifera importantissima. Alimenta le sorgenti e le zone umide ed è un punto di approvvigionamento idrico di acqua potabile, di acqua per irrigare o per uso industriale”.

L’origine dei cosiddetti materiali di riempimento che verrebbero scaricati dentro al lago è sconosciuta, anzi nascosta: “Le terre e rocce da scavo che dovrebbero finire nel Lago Gabbana sono tutte autocertificate- sostiene La Morgia- senza nessun controllo e perciò potenzialmente inquinanti. Potrebbero esserci sostanze contaminate, tossiche o qualsiasi genere di rifiuti”.

La Cava Gaggiolo, non molto distante da Vimodrone, è allo stesso tempo un perfetto e pessimo precedente: “Si è scoperto che dopo alcuni controlli effettuati sulla cava sono state trovate tracce di arsenico”. La portavoce di ‘Bene Comune Cernusco’ evidenzia poi un altro pericoloso aspetto di avviare un cantiere nell’area del Lago Gabbana: “Il lago è profondo circa 30 metri, ciò significherebbe rovesciarci dentro 60.000 metri cubi di materiale per distruggere l’intero ecosistema della zona e modificare completamente il contesto paesaggistico. Quanti camion al giorno passerebbero di lì ogni giorno per l’interramento del lago? Quali ricadute sul traffico locale? Quanto smog ed emissioni nocive nell’atmosfera?”.

A gennaio 2020, la presidente del comitato ‘Salviamo il Lago Gabbana’ viene invitata a Palazzo Pirelli dall’assessore regionale all’Ambiente e Clima, Raffaele Cattaneo. L’incontro si rivela efficace e Cattaneo fa cadere un parere molto negativo sulla testa dell’operazione destinata ad interrare il Lago Gabbana di Vimodrone. Vengono segnalate alcune gravi violazioni di specifiche normative regionali: la prima sulla norma che delinea gli interventi realizzabili nelle cave; la seconda sulla disposizione che protegge le aree vicine al Naviglio.

Il 5 ottobre del 2020, quasi un anno esatto dopo la prima assemblea convocata dai vertici dell’amministrazione comunale nell’ottobre 2019, in seguito a un sit-in di protesta dei cittadini vimodronesi, l’assessore Citterio coordina un tavolo di confronto tra amministrazione, proprietà, l’avvocato della società Laura Aldini e la presidente del comitato ‘Salviamo Il Lago Gabbana’. E’ un’opportunità per manifestare una volta di più le ragioni contrarie alla cancellazione del lago: l’acqua non rientra nella disponibilità del proprietario dell’area, è un bene pubblico come l’aria; un cantiere a cielo aperto rappresenterebbe un serio danno ambientale per emissioni di smog e polveri sottili; l’ampia vegetazione presente attorno al Lago Gabbana subirebbe un preoccupante deterioramento; l’intera fauna e le rare specie di animali ora presenti scomparirebbero; la svalutazione del valore di mercato degli immobili in zona sarebbe ingente; si prevede un probabile peggioramento delle condizioni generali di vita dei cittadini.

L’orizzonte più grigio è quello del definitivo interramento del lago. A qualche chilometro più in là di distanza, oggi sorge l’ex cava Quasimodo, coperta da anni con rocce e terra: un destino forse tristemente simile. Nel disegno finale dei lavori, il Lago Gabbana non c’è più. Il tempo svelerà tutto quello che ancora non è stato detto.

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