ROMA – “Partiamo da un presupposto: le acque di Gaza sono acque palestinesi, non israeliane, perciò lo Stato di Israele non ha diritto ne’ di intercettare le imbarcazioni della Flotilla, ne’ tanto meno di attaccarle“. Questa l’analisi che il docente di diritto penale internazionale Triestino Mariniello condivide con l’agenzia Dire, mentre le 45 imbarcazioni della missione civile ‘Global Sumud Flotilla’ vengono intercettate dalle navi della Marina militare israeliana. Intorno alle 19.30 ora italiana è iniziata l’operazione che Israele aveva assicurato da tempo: fermare le barche con a bordo attivisti e aiuti umanitari, in viaggio verso le coste palestinesi. L’operazione è avvenuta a circa 70 miglia nautiche.
Il giurista continua: “Secondo il diritto internazionale, si può intercettare o attaccare navi in acque non proprie solo in circostanze molto specifiche che comportano una minaccia alla sicurezza del Paese, come in caso di pirateria o tratta di esseri umani. Ma non è questo assolutamente il caso”.
Nella mattinata di ieri, l’esercito israeliano ha tuttavia accusato la Global Sumud Flotilla di affiliazione ad Hamas: “Sono accuse mosse per porre i soggetti della Flotilla al di fuori di qualsiasi protezione”, osserva Mariniello. “In Israele, se una persona viene definita terrorista si vede negare sistematicamente qualsiasi diritto umano, tra cui quello al giusto processo o alla libertà, ed è esposta al rischio di subire atti di violenza”.







