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I pediatri replicano al Moige: “Il rapporto coi pazienti non è basato sui luoghi comuni”

Il presidente della Sipps replica alle critiche del Movimento italiano genitori, che lamentava difficoltà di sostenere visite e rischio per il diritto alla salute dei minori: "Abbiamo lavorato molto di più con la pandemia"

Pubblicato:01-09-2021 12:01
Ultimo aggiornamento:01-09-2021 12:03

medico bambino pediatra
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ROMA – “I pediatri hanno lavorato molto di più con la pandemia, per garantire alle famiglie un’attività ambulatoriale costante e una reperibilità continua. Definire ‘smart working’ il nostro lavoro fa male, perché tanti colleghi pediatri hanno perso la vita in questo anno e mezzo, deceduti per Covid”. Giuseppe Di Mauro, presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), replica all’accusa del Movimento italiano genitori (Moige), che aveva parlato di “difficoltà di prenotare e sostenere visite mediche” e di “rischio evidente per il diritto alla salute dei minori. Non basta il consulto a distanza su WhatsApp o la consulenza in smart working”. Una critica che per Di Mauro “non solo è gratuita, ma pesca nel grande pantano dei luoghi comuni. Non è accettabile che, anche in questa situazione grave e complicata, qualcuno pensi di ridurre il rapporto medico-paziente ad un battibecco”.


Il fenomeno, sottolinea il presidente della Sipps, non è nuovo. “Abbiamo un’assistenza sanitaria pediatrica che, per la grande competenza e professionalità dei suoi operatori, è tra le migliori al mondo, eppure proprio i pediatri italiani perdono gran parte del proprio tempo a far fronte a richieste inappropriate, nessun rispetto delle regole, comportamenti irresponsabili. La pandemia ha imposto a tutti grande attenzione e grande impegno nel seguire le norme anti-contagio – rimarca di Mauro -, è richiesto al ristorante per una pizza, anche al mare o in un campetto di calcio, figuriamoci nello studio del pediatra. I lattanti devono fare i bilanci di salute e poi ci sono i bambini fragili, tutti devono avere la garanzia di poter accedere con la massima sicurezza“.


Il presidente della Sipps quindi aggiunge: “È una regola fondamentale nella gestione delle pandemie, ignorarla è da irresponsabili. È quantomeno sconcertante, quindi, che un bambino con sintomi di sospetto Covid non faccia il tampone e venga visitato ‘da un pediatra privato’. Possibile? E come? In incognito? In clandestinità? Non viene segnalato il caso al Dipartimento di Prevenzione? Non viene richiesto il tampone, come è previsto dalla legge? – domanda ancora Di Mauro – È sconcertante che ci sia chi pretende delle eccezioni alle regole che devono essere seguite a tutela di tutti”.


I pediatri di famiglia hanno “sempre lavorato tantissimo, seguendo tutti gli aggiornamenti inviati dal ministero della Salute, soprattutto quelli che definiscono il ‘sospetto Covid’: ogni pediatra sa quali sintomi impongono il tampone e quali, invece, possono essere gestiti come al solito. Tutti i genitori – ricorda il presidente della Sipps – devono essere consapevoli, soprattutto con l’inizio del nuovo anno scolastico, che quarantene e tamponi fanno ormai parte della nostra routine, in particolare per le nuove varianti (molti pazienti affetti dalla variante Delta presentano, tra l’altro, proprio il raffreddore), ma i tamponi, le quarantene, insieme alle vaccinazioni, sono anche ciò che ci fa stare in sicurezza e ci consente di garantire ai nostri bambini di continuare le attività normali per la loro età anche nel pieno di una epidemia“.


Il carico di lavoro, quindi, non è diminuito, “ma è aumentato con visite ambulatoriali, triage telefonici, servizi di messaggistica istantanea (WhatsApp) e di telemedicina per supportare e assistere le famiglie 24 ore su 24 e sette giorni su sette. Nell’ambulatorio del pediatra il percorso si apre e si chiude, perché il pediatra è l’unico medico convenzionato specialista che nel 99% dei casi soddisfa i bisogni di salute del bambino”.


Sempre sulla base della normativa vigente, il triage telefonico è diventata “una prassi in quanto decretata da una legge dello Stato e da una circolare del ministro Speranza datata marzo 2020 – continua il presidente Sipps – Questa prassi ha rafforzato la collaborazione con le famiglie e tra i colleghi. Eravamo tutti in rete e in presenza allo stesso tempo e ci siamo dovuti formare per utilizzare al meglio strumenti quali il telefono, le email, WhatsApp e il video (telemedicina)”. Senza dimenticare poi l’impegno nelle “campagne di informazione e vaccinali – prosegue Di Mauro – che ci vedono in prima fila in questa operazione di contrasto dell’epidemia a supporto delle famiglie”.


La Sipps in questi mesi ha promosso moltissimi corsi sul corretto uso del triage telefonico, per mettere i pediatri nella condizione di essere il più presente possibile con i loro assistiti. “Il triage telefonico aiuta infatti a capire, di fronte ai sintomi comunicati dai genitori per telefono, se quel bambino ha necessità di essere visitato urgentemente, avviato in urgenza al Pronto Soccorso, se deve essere visitato in giornata o se i consigli telefonici risultino sufficienti rispetto alle sintomatologie presentate dal piccolo assistito. Non sostituisce, ma aiuta a selezionare le visite. Il lavoro incessante dei pediatri di famiglia ha permesso di svuotare gli ospedali nei momenti più critici della pandemia – conclude Di Mauro – riducendo drasticamente le affluenze improprie nei Pronto Soccorso. Consulenza e conforto h24 hanno reso il pediatra di famiglia il riferimento principale non solo del bambino ma di tutta la famiglia, mamme, papà e nonni compresi”.

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