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Altro che digitali, due pubbliche amministrazioni su tre non erogano servizi online

La denuncia è sollevata dall’Ufficio studi della CGIA che ha esaminato i dati Istat  riferiti all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione da parte dei nostri Enti locali

Pubblicato:01-07-2017 09:46
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:29

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ROMA – Due Pubbliche amministrazioni locali (Pal) su tre non erogano alcun servizio completo tramite il web.

La denuncia è sollevata dall’Ufficio studi della CGIA che ha esaminato i dati Istat  riferiti all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione da parte dei nostri Enti locali.

I risultati di questa analisi sono sconfortanti: tra tutte le Regioni, le Province, i Comuni e le Comunità montane presenti in Italia la percentuale di enti che offre la possibilità di avviare e concludere per via telematica l’intero iter di almeno un servizio richiesto dall’utenza è pari al 33,8: praticamente solo 1 su 3 è in grado di espletarla.


La tipologia di Pal maggiormente  in “ritardo” è la Provincia: solo il 27,1 per cento è in grado di  “dialogare” e concludere on line la procedura richiesta dai cittadini o dalle imprese; sale al 28 per cento per le Comunità montane, si attesta al 33,9 per cento nei Comuni (con punte del 63 per cento per quelli con più di 60.000 abitanti) per toccare il 59,1 per cento tra le Regioni e le Province autonome.

“Se il nostro settore manifatturiero – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – è chiamato ormai quotidianamente a misurarsi con gli effetti della 4° rivoluzione industriale che sta diffondendo sempre più l’utilizzo di macchine intelligenti, interconnesse e collegate a internet,  in buona parte degli enti locali, invece, il deficit tecnologico che sconta il personale è disarmante”.

Un divario, quello tra pubblico e privato , che non ha eguali tra i principali Paesi Ue.

“Se gli operai e il personale amministrativo delle imprese private operano in ambienti sempre più digitali con robot collaborativi, stampanti 3D, comunicazioni multidirezionali, cloud e big data – conclude Zabeo – gli impiegati del pubblico sono costretti a scrivere con  penna e calamaio, mentre i conti continuano a essere fatti con il pallottoliere. Battute a parte, il forte ritardo nell’ utilizzo delle tecnologie informatiche della nostra Pubblica amministrazione locale deve costituire uno stimolo per recuperare il ritardo accumulato in questi ultimi anni. Altrimenti, rischiamo che il sistema paese perda  quote di competitività che, a seguito dei cambiamenti in atto, potrebbero allontanarci dai nostri principali competitori stranieri”.

Va ricordato che il 93,5 per cento  ha un sito internet dove l’utenza può visualizzare e/o acquisire informazioni; scende all’85 per cento il numero di quelle dove è possibile scaricare la modulistica, mentre si abbassa al 58,3 per cento la quota di enti locali in grado di consentire ai cittadini e alle imprese di inviare on line la modulistica.

“Il processo di informatizzazione – dichiara il Segretario della CGIA Renato Mason – è un percorso ineludibile ma che in Italia fatica a compiersi anche perché la nostra Pubblica amministrazione non riesce a recuperare livelli di performance accettabili. In generale, comunque, il ritardo italiano è un problema culturale fortemente generazionale e geografico. La popolazione italiana ha un’età media molto avanzata che non utilizza i servizi internet, condizionando negativamente l’offerta di prestazioni on line. Nel Sud, inoltre, abbiamo competenze informatiche o digitali molto carenti che influenzano negativamente la media nazionale. Tuttavia, se la nostra Pubblica amministrazione locale arranca nel processo di informatizzazione, molto dipende  anche dai mancati investimenti, in costante calo negli ultimi anni per i noti vincoli finanziari imposti dallo Stato centrale”.

Per quanto riguarda il dato nazionale riferito ai Comuni, la media  è pressoché  la stessa di quella registrata dalla Pal:  solo il 33,9 per cento delle Amministrazioni comunali è in grado di avviare/concludere via web il servizio richiesto dall’utente. A livello  territoriale i Comuni più virtuosi sono quelli ubicati nella Provincia autonoma di Bolzano, nel Veneto, in Emilia Romagna e in Toscana. Se in Alto Adige il 65,5 per cento dei Sindaci è in grado di espletare questo servizio, in Veneto il tasso scende al 56,5 per cento, in Emilia Romagna al 54,1 per cento e in Toscana al 44,8 per cento. In coda, invece, troviamo i Comuni della Liguria (17,4 per cento), della Sicilia (16,8 per cento) e del Molise (14,7 per cento).

Tra la trentina di servizi offerti on line monitorati, il 24,5 per cento dei Comuni italiani consente di soddisfare compiutamente per via telematica le esigenze dell’utenza con il SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive) e il 14,5 per cento con la DIAP (Dichiarazione di Inizio Attività Produttive).

Va altresì ricordato che a livello di servizi offerti si nota un generale miglioramento visto che la percentuale di enti che consentono di completare on line le procedure è salita dal 7,6 del 2009 al 33,8 per cento del 2015.

Tuttavia, la classifica europea dei Servizi pubblici digitali evidenzia un certo ritardo da parte del nostro Paese. Se teniamo conto della percentuale degli utilizzatori di eGovernament (utenti internet che si sono collegati con la Pa e hanno restituito format compilati on line), la precompilazione di dati, il completamento dei servizi on line e gli open data, tra i 28 paesi dell’Ue il nostro paese nel 2017 si colloca al 21° posto con un indice pari a 44,5: 10,4 punti in meno della media Ue. Rispetto alla rilevazione eseguita nel 2014, l’Italia è scesa di 6 posizioni.

Analizzando le singole voci che compongono l’indice generale, solo quello relativo al completamento dei servizi on line è superiore (di 1,7 punti) al dato medio europeo. Tutti gli altri, invece, ci vedono pesantemente in “ritardo”: di 17,2 punti rispetto  agli utilizzatori di eGovernament, di 16,3 punti nella precompilazione di dati e di 6,8 punti sugli open data.

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