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Femminicidio Giulia Tramontano, ecco perché #losapevamotutte

"La gravidanza è un periodo molto rischioso per le donne che subiscono violenza"

Pubblicato:01-06-2023 15:17
Ultimo aggiornamento:01-06-2023 16:38
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ROMA – Lo sapevamo tutte che Giulia Tramontano non sarebbe tornata a casa, anche quando qualcuno voleva aggrapparsi alla speranza estrema che quel passaporto mancante fosse la prova di una fuga, magari per il troppo dolore di aver scoperto che il suo compagno aveva un’altra vita. Su Twitter ha iniziato a circolare l’hashtag #losapevamotutte: avvocate, attiviste, centri antiviolenza, associazioni in questa vicenda vedevano già i contorni macabri del femminicidio che poi Alessandro Impagnatiello ha confessato nei più atroci particolari.

“Gli addetti ai lavori hanno subodorato subito la storia di di violenza che c’era dietro il femminicidio. Lui era stato violento con lei già in passato. Ricordiamoci sempre che il femminicidio è solo l’ ultimo atto perpetrato. La gravidanza è un periodo molto rischioso per queste donne. La violenza fisica si manifesta o si aggrava, come anche quella psicologica: si perde il controllo fisico del corpo della donna“. A parlare con l’agenzia di stampa Dire è Anna Agosta, consigliera della rete dei centri antiviolenza D.i.Re e presidente dell’associazione Thamaia Onlus di Catania.

La gravidanza quindi, ma anche il confronto chiarificatore tra le due donne, la compagna ufficiale e l’amante, sarebbero diventati due elementi scatenanti nel piano diabolico dell’assassino. “Si erano parlate e lui non aveva più il controllo“, sottolinea l’attivista. A quel punto invece di “assumersi la responsabilità di quanto accaduto” e stando a cosa si legge sulle prime ricostruzioni il pensiero sarebbe diventato, come accade in questi casi, “eliminare fisicamente la donna e in questo caso anche il bambino: l’ostacolo alla propria vita”.


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DA GENNAIO GIÀ 45 VITTIME DONNE

Viene in mente il caso analogo del 2014, sempre nel milanese, di Carlo Lissi, 31 anni, che uccise la moglie Cristina Omes, di 38 anni dopo aver fatto l’amore con lei, e finì con l’accoltellare i suoi due figli Giulia e Gabriele, di 5 anni e di 20 mesi. Si era innamorato di un’altra, anche lui. Nel caso di Giulia, incinta al settimo mese e con un corredino per il neonato già pronto, “credo dovrebbe configurarsi il 593 ter per l’interruzione non consensuale della gravidanza con violenza“, aggiunge Agosta che torna a denunciare la “normalizzazione della violenza: 23 donne uccise dall’inizio dell’anno e a marzo c’è stata un’impennata. Come rete D.i.Re ogni anno accogliamo 21-22mila donne, ma c’è un sommerso tremendo. Aumentano le norme e le pene, ma i numeri non scendono… come mai? Perchè la violenza ha una radice culturale profonda e servono politiche di prevenzione e formazione. Non è un’emergenza, ma un fenomeno culturale, trasversale ed endemico”.

La conferma arriva anche dai recenti dati pubblicati dal Viminale relativamente al periodo gennaio – maggio: 129 omicidi, con 45 vittime donne, di cui 37 uccise in ambito familiare e affettivo e di queste 22 hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex. Dati a cui vanno aggiunte le storie e il tragico epilogo di Giulia Tramontano e la poliziotta di Roma Pier Paola Romano. Si registra inoltre un aumento del numero degli eventi che da 123 passano a 129 (+5%), mentre il numero delle vittime di genere femminile scende da 50 passano a 45. Il fenomeno resiste, nonostante misure interdittive, codice rosso, e pene perchè resiste la normalità culturale della violenza sulle donne, secondo la denuncia di chi opera nei centri antiviolenza tutti i giorni. Per questo in molti da subito non hanno creduto alla fuga, ben prima che le tracce di sangue e le prime ammissioni portassero a quel corpo accoltellato a morte che l’assassino, in un macabro rituale che non lo accontentava, ha provato persino, per ben due volte, a bruciare.

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