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Camorra, arrestato l’uomo che uccise per errore un diciannovenne

Antimo Giarnieri, incensurato, venne assassinato a Casoria per uno scambio di persona

Pubblicato:01-06-2021 08:57
Ultimo aggiornamento:01-06-2021 13:22

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NAPOLI – Lo hanno ucciso con quattro colpi di pistola fatti esplodere da un uomo nei confronti di un ragazzo di appena 19 anni, incensurato e lontano da qualsiasi dinamica criminale. Si chiamava Antimo Giarnieri (in foto) e il suo nome si aggiunge al lungo elenco delle vittime innocenti della criminalità. Oggi l’autore dell’agguato è stato identificato e arrestato a Casoria (Napoli) dai carabinieri del comando provinciale di Napoli che hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del tribunale di Napoli su richiesta della Direzione distrettuale Antimafia della procura partenopea.

Tommaso Russo è gravemente indiziato di due episodi estorsivi aggravati dal metodo mafioso (di cui uno tentato e uno consumato), dell’omicidio di Giarnieri e del tentato omicidio di un soggetto minorenne (C.S.), rimasto nell’occasione ferito al fianco sinistro. Nell’ambito della stessa operazione è stato arrestato anche Ciro Sannino, accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Era l’8 luglio dello scorso anno quando a Casoria, nella III Traversa di via Castagna, comunemente nota come Parco Smeraldo, il killer disceso da una vettura guidata da una persona allo stato ignota, esplodeva all’indirizzo di un gruppo di persone 8 colpi di pistola calibro 7.65, di cui quattro colpivano Giarnieri provocandone la morte e uno il minore, scampato fortuitamente alla morte.


Dalle prime informazioni raccolte, gli inquirenti ritenevano che si trattasse di un agguato di camorra, ma le indagini condotte dal nucleo investigativo di Castello di Cisterna e coordinate dalla Dda di Napoli hanno permesso di accertare che il reale obiettivo di Russo fosse un altro soggetto fatalmente scambiato per la giovane vittima, risultata invece incensurata ed estranea a dinamiche delinquenziali.

Il grave fatto di sangue, secondo gli elementi raccolti, va inquadrato in una violenta contrapposizione tra fazioni della criminalità organizzata in lotta per il controllo della piazza di spaccio del Parco Smeraldo, luogo in cui si è consumato il delitto.

A Russo viene contestata l’aggravante del metodo mafioso, in quanto avrebbe agito per agevolare l’attività e gli scopi criminali del gruppo camorristico di cui è referente territoriale Salvatore Barbato (detto “Totore O’ Can”, contiguo al clan Moccia e allo stato detenuto per estorsione aggravata dal metodo mafioso), e allo scopo di affermare il controllo di quest’ultimo sul territorio.

Nel corso delle attività investigative sono stati inoltre contestati a Russo e Sannino due episodi di natura estorsiva, di cui uno tentato e uno consumato, ai danni di due spacciatori del luogo che, per poter continuare nella loro illecita attività di spaccio, erano costretti a versare una quota imposta dal clan, altro elemento sintomatico della volontà di imporre un controllo capillare del territorio attraverso il racket sull’attività di spaccio.

In uno degli episodi contestatigli, Russo ha perfino strappato parte del padiglione auricolare ad una vittima minacciandolo “di fare il bravo, perché ora ci siamo io e Totore O’ Can”. Nella seconda estorsione poi Russo e Sannino si facevano consegnare la somma di 500 euro, quota mensile imposta dal clan, da un soggetto agli arresti domiciliari ricorrendo anche a violenza fisica per costringerlo a consegnare il denaro. Tutto avveniva dinanzi alla moglie della vittima, anch’ella aggredita brutalmente nel mentre cercava di reagire a difesa del marito.

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