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L’attivista di Haiti: “Lo stupro è un arma delle bande, il governo non agisce”

Solages, di Neges Mawon: "Centinaia di violenze, la crisi è politica"

Pubblicato:01-04-2023 15:53
Ultimo aggiornamento:01-04-2023 15:53
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Pascale-Solages
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ROMA – “Ad Haiti circa il 60 per cento di tutto il territorio del Paese è controllato da bande criminali, il 100 per cento nella capitale Port-au-Prince e nella sua regione. In questo contesto, la violenza sessuale contro le donne è un’arma: abusare di una esponente della comunità significa per una milizia certificare la propria vittoria in quel territorio”. La denuncia è dell’attivista haitiana Pascale Solages, co-fondatrice e coordinatrice generale dell’organizzazione femminista Neges Mawon. Con l’agenza Dire la dirigente parla della violenza di genere nel Paese caraibico, alle prese da anni con una crisi economica e di violenza che negli ultimi mesi sembra aver assunto dei contorni particolarmente preoccupanti.

Alla domanda se la situazione ad Haiti sia catastrofica come riferiscono diversi media internazionali, Solages risponde che è “peggio, molto più articolata e complessa di quanto raccontato all’estero, con molti dati che sfuggono” a chi vive fuori dal Paese caraibico. Per la dirigente, la crisi che colpisce Haiti è innanzitutto “politica” e di “democrazia”.

Prima di spiegare cosa intende nel dettaglio, Solages fornisce alcuni dati che aiutano a comprendere meglio in cosa si sostanzia l’emergenza che sta vivendo il Paese, che con la Repubblica dominicana condivide il territorio dell’isola di Hispaniola, nel cuore del mar dei Caraibi.


“Nei primi due mesi dell’anno in corso, stando a quanto abbiamo raccolto con la nostra organizzazione, 100mila persone hanno dovuto lasciare le loro case per colpa della violenza delle gang, mente nei primi 60 giorni dell’anno gli omicidi sono stati circa 500″, scandisce la co-fondatrice. “Anche la situazione economica è a dir poco complessa: nel Paese il tasso di inflazione è del 30 per cento, l’aumento dei prezzi del cibo registrato negli ultimi mesi è del 130 per cento e quasi cinque milioni di persone necessitano di aiuti umanitari” su una popolazione totale di circa 11,5 milioni. Una fotografia impietosa questa, a cui la politica reagisce “senza fare nulla”, sostiene Solages, che non fornisce informazioni su dove si trova in questo momento per “ragioni di sicurezza”.

Il Paese, spiega allora la dirigente, “non ha un presidente, dopo l’omicidio di Jovenel Moïse”, ex capo dello Stato rimasto ucciso in un’incursione armata di un commando nella sua abitazione nel luglio 2021, “e non ha un Parlamento visto che il mandato di quello che era vigente è ormai scaduto e non è stato raggiunto un accordo per una nuova legge elettorale”.

Nella visione dell’attivista però, le responsabilità della classe politica e del governo, retto dal premier e presidente ad interim Ariel Henry, andrebbero ben oltre la semplice ignavia. “Il potere politico ha cominciato a usare le bande criminali per reprimere la grande ondata di proteste anti-corruzione che è partita nel 2018″, lamenta Solages. “Adesso però le bande armate- prosegue- legate a doppio filo con ci governo, stanno assumendo sempre più potere e controllarle è diventato impossibile”.

Secondo la dirigente di Neges Mawon, il primo passo da intraprendere per poter fermare l’ascesa delle milizie armate che di fatto controllano Haiti è quello di “limitare il traffico di armi verso il nostro Paese dagli Stati Uniti, in primo luogo, e poi anche dalla Repubblica Dominicana”.

Un appello in questo senso è stato lanciato nelle scorse settimane a Los Angeles dall’associazione di Solages e da altre realtà della società civile haitiana e della diaspora haitiana nel mondo. Rispetto alla possibilità dell’invio di un contingente armato straniero nel Paese, eventualità questa, di cui ragionano da alcuni mesi Canada e Stati Uniti, l’attivista afferma che “non è la soluzione. Lo ripetiamo ogni volta che andiamo a Washington- prosegue l’appello- inviare forze straniere è già stato fatto in passato, a esempio con le Nazioni Unite, e non è servito a nulla ma anzi ha comportato nuovi problemi. La soluzione passa dal rafforzamento della polizia nazionale e poi anche da sanzioni ancora più mirate di quelle già emesse da Stati Uniti e Canada nei confronti dei responsabili politici della crisi”. A oggi cinque figure di alto profilo della politica haitiana sono sotto sanzioni statunitensi, fra i quali il presidente del Senato Joseph Lambert, e 13 da sotto provvedimenti di Ottawa.

Neges Mawon è stata fondata nel 2015 e da allora lotta contro “le conseguenze dell’organizzazione patriarcale” della società haitiana e per la tutela e la difesa dei diritti delle donne, compresi quelli relativi alla salute riproduttiva. “Le condizioni delle donne e delle ragazze sono molto dure”, ribadisce Solages. “La violenza nei loro confronti è uno strumento usato dalle gang per certificare la loro vittoria in un territorio: fra maggio 2022 e febbraio scorso abbiamo ricevuto denunce e abbiamo potuto assistere le vittime di almeno 600 casi di stupro, anche di gruppo”.

Un contesto complesso anche per le stesse attiviste. “Ci è capitato più volte di dover chiudere i nostri uffici mentre le vittime di violenza hanno paura a venire da noi perché per questo potrebbero essere oggetto di ritorsioni, in quanto considerate informatrici”, denuncia ancora l’attivista, che poi torna sul problema origine di tutti gli altri: “Ad Haiti- ragiona Solages- esiste anche un ministero per la Condizione della donna e dei diritti delle donne, però non abbiamo nessun tipo di sostegno, le autorità non hanno risorse e, quel che peggio, non hanno una visione di come risolvere il problema”.

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