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L’italiano alle Canarie racconta: “Qui si fa una vita abbastanza normale”

Luca Di Fabio da sette anni abita a Santa Cruz de Tenerife, dove "si sta sicuramente meglio che in Italia" spiega, perché "la percezione della pandemia è molto più blanda", ma la crisi economica ha prodotto tantissima disoccupazione

Pubblicato:01-04-2021 11:09
Ultimo aggiornamento:01-04-2021 11:09

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BOLOGNA – Italiani in zona rossa ma tentati da una vacanza alle Canarie? Comprensibile: a Tenerife “si sta bene, sicuramente meglio che in Italia o in Germania o in Francia dove le restrizioni sono più forti”. Il Covid è una minaccia anche da quelle parti, certo, ma sulle isole si riesce a fare “una vita abbastanza normale”. A parlarne con la ‘Dire’ è l’italiano Luca Di Fabio, che alle Canarie è andato a viverci sette anni fa e abita a Santa Cruz de Tenerife.

I casi di coronavirus “certamente ci sono”, racconta Di Fabio, che si trova momentaneamente in Italia e tornerà a breve nelle Canarie, ma “tra tutte le isole la popolazione è di soli due milioni di persone” e la percezione della pandemia “è molto più blanda che in Italia”. Basti pensare al fatto che “il clima consente di tenere i tavolini fuori tutto l’anno”, spiega Di Fabio, con grandi vantaggi sulla possibilità di frequentare locali e ristoranti. Del resto, traducendo le zone colorate italiane nei numeri spagnoli, “quando c’è il livello 2 si possono usare i dehors e anche il 50% dello spazio interno e, nel saliscendi dei livelli, quando scatta il 3 l’interno del locale deve restare chiuso ma si può comunque usare l’esterno”. In pratica, “le chiusure totali si sono avute solo tra marzo e aprile dell’anno scorso– aggiunge Di Fabio- come in tutto il mondo”. Per il resto, “tra livello 2 e livello 3 in pratica c’è una differenza e cioè che il coprifuoco passa dalle 23 alle 22“, continua Di Fabio: “Per me che non faccio una grande movida, la vita è cambiata poco”. Pesa di più lo sport: “Partite a calcio no, corsa da solo sì”. Ma le opportunità di relax aumentano non poco se dal continente ci si sposta alle Canarie: “Mentre l’Italia è in zona rossa, lì- spiega Di Fabio- si riesce a stare sulle terrazze o in riva al mare anche senza mascherina”.

Insomma, “fare una settimana alle Canarie di questi tempi è una pacchia“, aggiunge Di Fabio, considerando che anche per le spese il periodo è favorevole: “Un hotel che costava 500 euro magari è sceso a 200, pur di lavorare”. Questo perché, parlando di turismo, “la crisi si sta sentendo tantissimo: penso a tutto l’indotto costituito da ristorazione, alberghi, bar e ristoranti. Soprattutto nella zona sud, quella più turistica- spiega Di Fabio- dove alcune attività hanno chiuso definitivamente”. Si tratta di aree paragonabili “a Rimini o Riccione d’estate, ma per quasi tutto l’anno. E adesso lì- racconta Di Fabio- c’è un po’ di movimento solo a ridosso della spiaggia: il baretto sul mare un po’ lavora ma tutto ciò che c’è tra la spiaggia e l’autostrada, è un deserto”.


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Nel turismo “si è prodotta tantissima disoccupazione e non si sa se e quando il sistema si riprenderà perché la mazzata è stata forte“, continua Di Fabio: “Alle Canarie dovrà venirne tanta di gente, ma tanta, per riavviare una macchina così grossa”. Va meglio a Santa Cruz, che si trova a nord, perché lì “è tutto più local, ci vivono i canari- spiega Di Fabio- che al ristorante ci vanno, perché con le restrizioni hanno voglia di uscire”. E la campagna vaccinale? “La Spagna si è mossa sulla falsariga dell’Italia sia per le restrizioni che per i vaccini“, riferisce Di Fabio: precedenza ai più anziani e al personale sanitario, quindi. Di Fabio il vaccino lo ha fatto, lavorando come operatore telefonico nel 112: anche a Tenerife “ci sono persone che il vaccino non lo vogliono fare, per un po’ di tare mentali. Mentre io, quando mi è stato proposto, ho detto subito di sì perché l’ho vissuto come un privilegio in questo momento storico”. Resta al momento un rebus, però, il rientro alle Canarie: “Da vaccinato, non so se dovrò fare il tampone o no”.

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