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Autismo e didattica, da globalità dei linguaggi nuovi spunti e risultati

Stefania Guerra Lisi aveva una figlia autistica e dal contatto con questa bambina ha adottato strategie che sono risultate vincenti,

Pubblicato:01-04-2016 11:57
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:29

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autismo minori (700 x 465)ROMA – Offrire sulle strategie didattiche per l’autismo spunti diversi da quelli che ci si aspetta. Lo farà oggi Nicoletta Rosati, ricercatrice dell’Università Lumsa, al seminario ‘Lo spettro autistico’ promosso da Paola Binetti, deputato Ap, a Roma in via Porta di Castello 44 dalle 15 alle 18. “Quando si parla di strategie didattiche si pensa sempre al metodo Teach (Treatment and education of autistic and related communication handicapped children), alla comunicazione alternativa aumentativa, al Pecs (Picture exchange communication system). Io invece voglio focalizzarmi sulla didattica quotidiana– prosegue la ricercatrice- per vedere come entra in relazione il docente con il bambino coinvolto nel disturbo dello spettro autistico, che come sappiamo è un disturbo molto vario”. Ad aprire una strada “sul versante della relazione è stata Stefania Guerra Lisi con il suo metodo ‘La globalità dei linguaggi’. La donna- racconta Rosati- è partita da un’esperienza concreta: aveva una figlia autistica e dal contatto con questa bambina ha adottato strategie che sono risultate vincenti, e ha iniziato a proporle. Questo approccio- chiosa la ricercatrice- aiuta chiunque entri in contatto con il soggetto autistico a considerarlo sempre e comunque una persona e a far leva proprio sulla relazione, che sembra l’elemento più compromesso”.

Guerra Lisi ha indagato “gli aspetti da considerare nel momento in cui si entra in relazione con soggetti autistici, e nel farlo si è servita della globalità dei linguaggi, prevalentemente non verbali. Andiamo dal dialogo tonico, all’esperienza psicomotoria, sonora e cromatica– chiarisce Rosati- per trovare il canale attraverso il quale il bambino è più sensibile, aiutandolo a prendere la decisione di aprirsi e di elaborare una forma di comunicazione”. Studi sul tema esistono. “Ci sono delle valutazioni su sperimentazioni partite fin dal 1980, quando fu introdotto Il metodo della globalità dei linguaggi. La comunità scientifica si è un po’ divisa- afferma la ricercatrice- abbiamo le metodologie ufficiali, che sono molto valide, ma vanno utilizzate dopo che si è entrati in relazione. La globalità del linguaggio aiuta a creare questa relazione di base sulla quale poi si lavora anche applicando altre strategie e metodologie. Le esperienze sono tante- conclude- l’errore fatto è che la documentazione non è stata ufficializzata alla Comunità scientifica, nonostante siano tante le scuole italiane che l’hanno applicata con risultati visibili in termini di inclusione”.


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