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Angiosarcoma cardiaco: cosa è il tumore rarissimo che ha colpito Sofia, 23 anni, di Genova

Sofia, 23 anni, ha deciso di raccontare la sua storia sui social dopo la scoperta di essere affetta da un tumore rarissimo, che colpisce 2 o 3 persone su un milione. Ecco di cosa si tratta esattamente

Pubblicato:01-03-2023 18:43
Ultimo aggiornamento:01-03-2023 19:03

sofia sacchitelli
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ROMA – “Il pensiero più angoscioso e tormentoso per me rimane il fatto che due genitori rimarranno senza la loro creatura“: così scrive Sofia Sacchitelli, una giovane studentessa di Genova di 23 anni, sulla propria pagina Instagram. A questa giovane ragazza è stato diagnosticato un angiosarcoma cardiaco e si tratta di un tipo di tumore rarissimo, soprattutto per la localizzazione, e di insorgenza del tutto imprevedibile: ha un’incidenza di due-tre casi per milione di abitanti. Sofia, vista la situazione, ha voluto raccontare il suo caso sui social e qualche giorno fa ha aperto un profilo Instagram proprio per questo: “Mi presento, mi chiamo Sofia Sacchitelli, il 10 novembre ho scoperto che l’atrio destro del mio cuore ospitava un’enorme massa di cellule tumorali maligne chiamate angiosarcoma cardiaco, tumore molto aggressivo e attualmente considerato a prognosi infausta” .

Ecco cosa ci ha spiegato il professor Paolo Marchetti, oncologo e direttore scientifico dell’Idi-Irccs di Roma, su questa patologia: “L’angiosarcoma cardiaco è un tumore maligno che non nasce dagli endoteli, come normalmente avviene per i tumori, ma dalle strutture più interne del tessuto. Al di là delle definizioni è dunque un tessuto complesso da trattare, anche perchè piuttosto raro. La localizzazione cardiaca è ovviamente ancora più rara”. Lo spiega Marchetti all’agenzia Dire, soffermandosi appunto sulla patologia che ha colpito Sofia Sacchitelli. Una patologia inoperabile, vista la sede e, come ha spiegato la stessa ragazza, “di conseguenza, l’impossibilità di asportare l’organo”.

I SINTOMI

I sintomi dell’angiosarcoma cardiaco sono variabili. “Dipende dalle dimensioni e dalla sua localizzazione- continua l’esperto- perchè se è un tumore particolarmente esteso e localizzato a livello del cuore, interferisce con la funzione cardiaca in maniera importante. Ma, soprattutto, dobbiamo pensare che l’aspetto più critico è se coinvolge il ventricolo sinistro o strutture valvolari o strutture perivalvolari, ovvero intorno alle valvole cardiache, perchè può dare ulteriori problemi”.


UN CASO RARISSIMO

All’Idi “abbiamo seguito molti pazienti con angiosarcomi degli arti, con angiosarcomi distribuiti in altre sedi, ma diventa molto più complicato l’angiosarcoma cardiaco, di cui veramente non credo siano riportati molti casi in letteratura. Casi che richiedono un’integrazione di conoscenze, da un lato della Cardiochirurgia, dall’altro di Oncologia che si occupa di sarcomi e poi anche di cardiologi e di biologi molecolari per poter offrire alla paziente le migliori opportunità terapeutiche”.

UNA MALATTIA MOLTO AGGRESSIVA

“Per l’angiosarcoma- sottolinea l’oncologo- ci sono spazi chirurgici, spazi di terapie mediche. È chiaro che su una localizzazione relativa a una singola paziente non posso, nè so dire se vi siano o meno spazi reali di trattamento, perchè ogni singolo caso dipende da come la situazione clinica si evolve. Sono certo che i colleghi di Genova avranno avuto modo di effettuare tutte le valutazioni multidisciplinari possibili per riuscire a offrire alla paziente le migliori opportunità di cura, nei limiti di una malattia molto aggressiva e particolarmente rara e che, dunque, presenta un percorso meno semplice da seguire”.

L’angiosarcoma, aggiunge il medico, “si cura con l’intervento chirurgico a seconda della sede, della diffusione e della presenza di metastasi o meno. Si può curare con la chemioterapia e, nell’ambito degli studi clinici, ad esempio per gli angiosarcomi che presentano un elevato carico mutazionale, quindi che hanno un Dna che ha dato origine a molte cellule alterate, si può curare anche con l’immunoterapia che, ovviamente, non viene ancora utilizzata convenzionalmente per l’angiosarcoma”.

NON CI SONO FATTORI DI RISCHIO INDIVIDUALE

Se l’angiosarcoma cardiaco è una “patologia talmente rara e assurda, con quota di circa 2-3 casi per milione di abitanti– scrive Sofia Sacchitelli- tanto da ritenermi quasi ‘fortunata’ ad esserne stata colpita”, sono altre le parti del corpo che generalmente vengono colpite da angiosarcoma. “Le localizzazioni agli arti o alla ghiandola mammaria sono le più frequenti- rende noto Paolo Marchetti e precisa- non esiste un paziente tipo che possa essere colpito da angiosarcoma. Non ci sono fattori di rischio individuale, nè caratteristiche familiari o stili di vita che determinano questo tumore. Purtroppo è uno di quei brutti tumori che insorgono in maniera assolutamente imprevista e imprevedibile“.

“PERCENTUALI DI SOPRAVVIVENZA NON AIUTANO PAZIENTI ONCOLOGICI”

Il direttore scientifico dell’Idi-Irccs di Roma è infine categorico sul tema relativo alle percentuali di guarigione. “Non possiamo dare le percentuali: sono quanto di più fuorviante esista per i pazienti oncologici, perchè si riferiscono normalmente a quella che è una mediana di sopravvivenza, riferita a un anno, due anni, cinque anni, dieci anni e così via. Questo, però, ci dice solamente che metà dei pazienti morirà prima di quella data e metà morirà dopo. Il paziente che abbiamo di fronte non ha interesse ai dati statistici ma a quella che sarà la sua vita nell’immediato futuro e in un futuro più lungo. Ecco perchè sono sempre restio a fornire percentuali, sono quanto di più ingannevole noi possiamo comunicare a un paziente”.

“Se io adesso dicessi che il 95% dei pazienti con angiosarcoma guarisce e poi, purtroppo, il paziente che abbiamo di fronte invece fa parte del 5% che muore, si sentirebbe ancora più ingannato dai numeri. E questo accadrebbe anche viceversa: se dicessi che il 95% muore e poi il paziente rientra in quel 5% che guarisce, sicuramente sapere che gli altri non ce l’hanno fatta gli potrà dispiacere da un punto di vista umano, ma certamente non rappresenterà un limite per lui. Quindi- conclude Marchetti- i numeri, le percentuali, in genere, ci aiutano poco e nei pazienti oncologici sono solo fonte di confusione o di immeritata disperazione”.

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