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Simbolo della Romagna ‘buona’, La Sangiovesa compie 30 anni

Un libro racconta le vicende dello storico ristorante tradizionale di Santarcangelo, da Tonino Guerra alla crema in scodella

Pubblicato:01-03-2022 18:41
Ultimo aggiornamento:01-03-2022 18:41

ristorante la sangiovesa
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RIMINI – Raccontare non solo 30 anni di attività, ma anche 30 anni di storia, di prodotti, di territorio e di passione. Quella della Sangiovesa, storico ristorante tradizionale di Santarcangelo in provincia di Rimini, è una narrazione della Romagna, dei suoi personaggi e dei suoi sogni. Non a caso il poeta Tonino Guerra, assieme al titolare Manlio Maggioli, è l’artefice di questa avventura iniziata oltre 30 anni fa e oggi racchiusa, con tanto di ricette dei piatti, nel libro a cura del giornalista Giorgio Melandri ‘La Sangiovesa-L’osteria di Santarcangelo’.

Alla fine degli anni ’80 “io e Tonino – racconta le origini alla stampa patron Maggioli – ci incontravamo tutte le mattine per un caffè al Bar Centrale, poi facevamo un giro per le contrade, ammirando Palazzo Nadiani”, la futura sede del ristorante acquistata dal conte Nadiani a cui piaceva sì la bella vita, ma che decise di “morire senza possedere nulla. Con Guerra decidemmo poi di farci un’osteria”. Così cominciarono i lavori di ristrutturazione “alla ricerca del vecchio”, mentre agli arredi pensò lo stesso Guerra. Maggioli fu irremovibile su menù e vini, “piatti e materie prime solo romagnoli“, e vinse la “fortissima battaglia” con chef e sommelier. E ancora oggi niente pane o grissini, ma solo piadina.

Poi ci fu l’avventura per l’acquisto di quattro quadri di Guido Cagnacci, esposti nelle sale del ristorante, a cui fanno da romagnolo contraltare le opere di Eron. La Sangiovesa, sottolinea Maggioli, è “il ricordo dei miei anni da giovane e ci vengo tutte le mattine, ma non per il fatturato, ma per contare quante persone ci vengono”. Solo ieri sera 156. Al ristorante lavorano in 25, che diventano 35 con i dipendenti della Tenuta Saiano, sempre della famiglia Maggioli, che fornisce i prodotti a cucina e cantina. E nel 2019 sono state 75.000 le persone sedute ai suoi tavoli, poi diminuite negli anni della pandemia ma comunque già in ripresa.


Questo luogo ha fatto diventare famosa la nostra cittadina“, mette in luce la sindaca di Santarcangelo Alice Parma. Qui “tutti si sentono a casa, l’accoglienza è un valore importante”, che alla Sangiovesa si abbina alla “continua capacità di innovare”. Dunque “un luogo altamente tradizionale ma in continua evoluzione”. D’altronde è un simbolo non solo della Romagna ma di tutta la regione, come testimonia la presenza del presidente Stefano Bonaccini: “È un luogo dell’anima, fatto di cultura popolare“. Maggioli, prosegue, è un po’ come Luciano Pavarotti, come Giampiero Dallara, come Marino Golinelli, “la cultura di questo territorio è tutt’uno con la capacità con cui l’Emilia-Romagna è diventata quello che è. Tutti in Emilia sanno cos’è la Sangiovesa“. Il messaggio che lancia, prosegue Bonaccini, è “contribuire a creare benessere senza essere soddisfatti se non è condiviso con gli altri. Questo sono i miracoli emiliano-romagnoli, da chi ha saputo fare impresa ad artisti e uomini di cultura”. Ecco perché “non è solo la storia di un ristorante, ma di prodotti, del territorio, della sua cultura“.

Per il curatore del libro Giorgio Melandri, “un ristorante deve avere un paesaggio dietro di sé e deve rappresentarlo. La Sangiovesa rappresenta la Valmarecchia e l’identità di Santarcangelo“. Il libro, dunque, conclude, racconta anche “cosa c’è fuori dal ristorante, i prodotti e i loro personaggi, un nuovo paradigma del racconto della regione”. L’opera parte ora per un tour in Italia di otto tappe per fare sempre più della Sangiovesa un patrimonio di tutti.

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