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Truffe alle assicurazioni con falsi incidenti stradali, otto fermi a Palermo

Alle false vittime dei sinistri venivano provocate deliberatamente fratture agli arti

Pubblicato:01-03-2022 13:25
Ultimo aggiornamento:01-03-2022 13:48

polizia
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PALERMO – Otto fermi nell’ambito di una inchiesta coordinata dalla Procura di Palermo che ha smantellato una banda dedita alle truffe ai danni delle compagnie d’assicurazione. Le indagini hanno riguardato diversi sinistri stradali denunciati a Palermo, in Piemonte e in Lombardia da palermitani recatisi al nord ufficialmente per cercare lavoro oppure in vacanza. L’operazione è stata eseguita a Palermo e nelle province di Novara, Torino, Vercelli, Milano e Varese. Sono 31, complessivamente, gli indagati. Nei confronti degli otto fermati si ipotizza il coinvolgimento, a vario titolo, in una associazione criminale che, tra il 2017 e il 2020, si sarebbe resa responsabile di una serie di reati riguardanti le frodi a numerose compagnie di assicurazione attraverso falsi incidenti stradali denunciati e con fratture agli arti provocate deliberatamente alle false vittime dei sinistri.

In altri casi la banda acquisiva, mediante raggiri o estorsioni, pratiche riguardanti altri incidenti stradali con vittime persone con numerose fratture. Per quasi tutti gli incidenti stradali esaminati dagli investigatori le vittime hanno denunciato di essere state investite mentre percorrevano vie cittadine in sella a biciclette. Il giro d’affari gestito dal gruppo criminale, secondo la polizia che con gli agenti del commissariato Brancaccio ha portato a termine l’operazione, è stato superiore ad alcuni milioni di euro: somme che le compagnie assicurative hanno corrisposto a titolo di risarcimento per le gravi lesioni patite da chi aveva denunciato l’incidente. Soltanto per le pratiche risarcitorie individuate per i falsi sinistri stradali, che rappresentano una esigua parte dei numerosi sinistri organizzati e gestiti dalla gang, il volume d’affari è stato molto di quasi due milioni di euro. L’indagine, inoltre, ha bloccato la liquidazione di indennizzi riguardanti altri incidenti stradali presumibilmente falsi, i cui importi richiesti alle compagnie risultavano superiori ad alcune centinaia di migliaia di euro.

Al vertice dell’organizzazione ci sarebbero stati Vincenzo Maccarrone, Giuseppe Zizza e Matteo Corrao. Le indagini sono partite nell’aprile 2020 quando, presso un ufficio postale del quartiere Acqua dei Corsari, un uomo aveva tentato di aprire un conto corrente con una carta d’identità palesemente falsa. In quel contesto si è scoperto che una operazione analoga era andata a buon fine da parte di un altro degli indagati, che aveva però presentato un documento autentico. Da quel momento sono scattate le indagini con l’acquisizione di documenti e intercettazioni.


Agli atti dell’inchiesta anche due confessioni da parte di quelle che venivano mostrate come vittime degli incidenti stradali. I due hanno raccontato agli inquirenti dell’organizzazione dei propri falsi incidenti, delle fratture subite e degli importi liquidati dalle compagnie assicuratrici acquisiti quasi interamente dai promotori della banda. Tra gli indagati figurano tre persone che avrebbero assunto il ruolo di prestanome per l’apertura di conti correnti, gestiti di fatto dai capi dell’organizzazione, sui quali sono confluiti cospicui indennizzi concessi alle vittime “ma rimasti – dicono gli investigatori – nell’esclusiva disponibilità dell’associazione criminale”. Immortalati dalle telecamere nascoste della polizia gli attimi in cui i riciclatori, o alle volte le stesse vittime, prelevavano il denaro e lo consegnavano nelle mani dei capi.

La banda si sarebbe avvalsa anche dell’aiuto di alcuni pregiudicati presenti nel nord Italia, che avrebbero fornito appoggio logistico e partecipato ad alcuni dei falsi sinistri denunciati. Gli accertamenti patrimoniali eseguiti sugli indagati hanno portato alla luce beni mobili e immobili ritenuti di provenienza illecita, dei quali gli indagati hanno avuto la disponibilità attraverso una intestazione fittizia a prestanome. I patrimoni riconducibili agli indagati sono risultati sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati e alle occupazioni svolte. Per due dei tre presunti capi della banda, Maccarrone e Zizza, è stata disposta la custodia cautelare in carcere, mentre per il terzo uomo considerato componente della triade, Corrao, sono scattati gli arresti domiciliari. Per gli altri cinque fermati, il gip alla fine ha disposto l’obbligo di firma per G.B. e S.C., mentre i restanti tre sono tornati in libertà.

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