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Giustizia, la psicologa: “Bibbiano non è una bolla, ma è in tutta Italia”

La denuncia di Vincenza Palmieri: "Ogni giorno 23 bambini vengono portati via alle famiglie, quasi uno ogni ora"

Pubblicato:01-02-2022 11:58
Ultimo aggiornamento:01-02-2022 11:58
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di Laura Monti

ROMA – “Tutti i bambini di Bibbiano sono tornati a casa perché si è portato alla luce il sistema fallace di quegli interventi e il sistema criminoso che lo riguardavano. Ma Bibbiano non è una bolla: le stesse linee guida, gli stessi principi e gli stessi accordi che definiamo filiera psichiatrica sono presenti in tutta Italia”. A dirlo, nel corso della conferenza ‘Dopo Bibbiano: la strada verso casa’, è Vincenza Palmieri, psicologa e presidente dell’Istituto nazionale pedagogia familiare.

“Se i bambini di Bibbiano sono tornati a casa perché non tornano anche gli altri?- chiede Palmieri- Il sistema è lo stesso. In Italia c’è un sottobosco, conosciuto solo ai tecnici e ai legali che si occupano di questo. Una delle ragioni fondamentali per cui è difficile smantellare questo sistema è che genera posti di lavoro: la merce di scambio per i nostri politici. Oggi è molto facile soprattutto nei comuni al di sotto dei 5000 abitanti dire ‘Apriamo una cooperativa, una casa-famiglia’ creando i professionisti di quella filiera”, ha sottolineato.


Per Palmieri, “la rete fra professionisti, famiglie e con i politici lungimiranti è l’unica soluzione per colpire questo sistema, che produce moltissimo denaro. Ogni giorno 23 bambini vengono portati via alle famiglie, quasi uno ogni ora. Il bambino sarà segnato per tutta la vita anche perché subirà il ‘reset’: si mette il bambino in una condizione di sofferenza e lo si porta dal proprio punto di vista, a fargli dire che non vuole vedere la mamma. Io vorrei far vedere i bambini prima e dopo perché oltre all’ascolto ci deve essere l’osservazione: appaiono dimagriti, sedati, non vanno a scuola. Guardiamo quanti Tso vengono fatti ai bambini, anche se non vengono chiamati così: ma vengono trasferiti in un reparto di psichiatria. Guardiamo le foto: il prima e il dopo. Resettati e resi zombie”.

Palmieri si è poi soffermata sulle relazioni tecniche: “Siamo pieni di relazioni false o falsificate- ha detto- In questo sottobosco troviamo relazioni di operatori che utilizzano competenze che non proprie della loro professione: la madre simbiotica, il sistema familiare invischiato. L’operatore non sta usando competenze sue. Non possiamo accettare nei fascicoli relazioni fatte in questo modo perché se anche queste difficoltà fossero presenti, sarebbero comunque osservazioni fatte sulla base di competenze non esistenti. Chi l’ha scritto non aveva l’autorità per scriverlo”. “‘La mamma non è in grado di cogliere i bisogni del bambino‘- ha detto ancora- l’inidoneità si è trasformata in questo concetto. Per cogliere i bisogni dei bambini bisogna fare una osservazione lunga e costante e non esistono i bisogni dei bambini in genere esistono i bisogni di quel bambino e se quel bambino vuole tornare dalla mamma è bene che torni. Se c’è una relazione falsa non deve essere accettata, deve essere contestata. Dobbiamo far saltare il sistema delle relazioni false e del silenzio”, ha concluso. 

DE VITO (MISTO): “CASE FAMIGLIA UN BUSINESS DA OLTRE 3 MLD”

“Ho conosciuto la categoria degli psicologi forensi, che saprebbero tutto sul ‘genitore modello’ e saprebbero valutare se un genitore è alienante e se sia il caso di portare via il bambino, e se decide così il bambino diventa un recluso, con un’imposizione dello Stato. Ho dato ascolto a una di queste urla, ho letto le carte, sono andata personalmente a sincerarmi delle condizioni di un bambino in una casa-famiglia e il risultato è stata una relazione di assistenti sociali e tutori minori contenente falsità gravi che hanno portato a ulteriori restrizioni. Ho presentato, la settimana scorsa, un esposto alla Procura per quella relazione chiamando in causa le responsabilità di tutti, ma la mia azione non finirà qui”. Così Francesca De Vito, consigliera del gruppo Misto della Regione Lazio è tornata su quanto accaduto rispetto al caso di mamma C. e di suo figlio, che le è stato tolto e che si trova in casa famiglia, e ha commentato quanto riferito in una relazione della sua recente visita nella struttura.

“Questo è uno delle migliaia di casi che mi stanno comunicando. Un rapporto difficile tra tutore e genitore- ha concluso la consigliera- non può e non deve essere causa di ulteriori allontanamenti. Il bambino è allontanato dal mondo dei suoi affetti più cari e i genitori non possono vederlo. Quasi 6mila case-famiglia ricevono da 100 a 400 euro per ogni bambino- ha detto ancora De Vito- è un giro di affari di oltre 3 miliardi l’anno. Il business e gli interessi di chiunque ruoti in questo sistema è più forte. Ogni letto che si libera deve essere riempito: questo è il meccanismo. In cima c’è il giudice minorile che in base a quello che dicono gli assistenti sociali decide della vita di bambini e genitori”. E ha aggiunto: “Un genitore ha diritto di lottare per il proprio figlio e tutori, assistenti sociali e giudici devono riconoscerlo e accettarlo. Un genitore che lotta per riavere il proprio figlio è un bene da tutelare”.

MORCAVALLO: PROCESSO FAMILIARE SI COMPIE SENZA FATTO

“Da un’accusa su un fatto ci si può difendere. Se mi dicono ‘non sei un buon papà e ti prendo tuo figlio in attesa che migliori’, io non mi posso difendere perché non so di che cosa mi si stia accusando”. Lo ha detto stasera l’avvocato Francesco Morcavallo nel corso della conferenza ‘Dopo Bibbiano: la strada verso casa’.

È l’unico ambito dell’ordinamento, quello del processo nell’ambito della famiglia– ha aggiunto Morcavallo- in cui il processo si compie senza il fatto. Nella materia più delicata il provvedimento si basa su una valutazione di un presunto modo di essere diagnosticato da chi fa un altro mestiere perché l’assistente sociale non è uno sceriffo, è un soccorritore. Alcuni, bravi, si tolgono il cappello dello sceriffo, altri pretendono anche la pistola, ma il problema è chi quel cappello glielo ha messo in testa. Quel cappello si chiama provvedimento del giudice minorile o ordinario quando provvede in materia minorile”.

Per Morcavallo, “Bibbiano è questo: c’è chi fa una valutazione e c’è chi dovrebbe controllare che il riferito corrisponda alla realtà”, ha spiegato. Inoltre, “In Italia ci sono mezzo milione di bambini affidati al servizio sociale. O c’è una sproporzione, che è quella che sempre ci rimprovera la Corte europea dei diritti dell’uomo, oppure viviamo in una bolgia infernale. Ci sono persone- ha detto ancora l’avvocato- che portano via i minori dai genitori basandosi su un giudizio di valore, che ha assunto un nome negli anni: inidoneità genitoriale. Che cosa significa? Che categoria è? Questo si chiede un osservatore esterno. È una contraddizione in termini perché dovrebbe avere come termine di raffronto il ‘manuale del perfetto genitore’, che per fortuna non esiste. L’interlocutore estraneo capisce il carattere paradossale di questa espressione, ma a me capita spesso di trovare persone che si convincono di quanto viene loro detto e usano quella stessa terminologia vacua”, ha concluso.

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