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Covid, Iss: “In Italia letalità nella seconda fase epidemica è del 2,4%”

Il report dei casi confermati diagnosticati fino a ottobre 2020

Pubblicato:01-02-2021 12:52
Ultimo aggiornamento:01-02-2021 12:54
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coronavirus
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ROMA –  La letalità del Covid-19 in Italia nella seconda fase dell’epidemia è del 2,4%, più bassa rispetto a quella della prima fase durante la quale però l’accessibilità rallentata ai test diagnostici e la diversa distribuzione geografica dei casi potrebbero aver fornito un dato distorto. Il calcolo e’ contenuto in un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanita’ appena pubblicato, dove sono presentate anche le stime a livello regionale e in riferimento alle diverse fasi dell’epidemia, da cui emerge che le differenze tra regioni appaiono meno evidenti alla luce delle differenze della struttura demografica e della diffusione dell’epidemia nel tempo.

Secondo il report tra i casi confermati diagnosticati fino a ottobre, la percentuale di decessi standardizzata per sesso ed eta’ (il cosiddetto ‘Case Fatality Rate o CFR) e’ stata complessivamente del 4,3%, con appunto ampie variazioni nelle diverse fasi dell’epidemia: 6,6% durante la prima fase (febbraio-maggio, 1,5% nella seconda fase (giugno-settembre) e 2,4% tra i casi diagnosticati nel mese di ottobre.

I DATI REGIONALI

Lo studio e’ stato condotto utilizzando il database dei casi Covid-19 confermati con test molecolare e notificati al sistema di sorveglianza da inizio epidemia (20 febbraio 2020) al 31 Ottobre 2020 dalle regioni/PA. In particolare, sono stati conteggiati i decessi avvenuti entro 30 giorni dalla diagnosi, e il CFR e’ stato calcolato standardizzando i tassi per tener conto delle differenze regionali nella struttura demografica della casistica. Il CFR standardizzato presenta una variabilita’ a livello regionale, con i piu’ alti valori osservati in Lombardia (5,7%) ed Emilia-Romagna (5,0%), mentre i livelli piu’ bassi sono stati osservati in Umbria (2,3%) e Molise (2,4%). “Nell’interpretare le differenze regionali di CFR e’ importante tenere in considerazione la tempistica con cui l’epidemia si e’ manifestata nei diversi ambiti territoriali. L’epidemia ha colpito prevalentemente l’area settentrionale del Paese durante la prima ondata (febbraio-maggio), per poi estendersi piu’ diffusamente sull’intero territorio nazionale nelle fasi successive, si legge nel documento.


 Questa disparita’ nella distribuzione dei casi nel tempo potrebbe spiegare parte delle differenze del CFR regionale riferite all’intero periodo esaminato”. Alcune delle differenze regionali che emergono dall’analisi condotta sull’intero periodo (febbraio-ottobre) appaiano infatti meno pronunciate e talvolta invertite quando i CFR regionali sono confrontati separatamente per ciascuna fase epidemica.

LE DIFFERENZE CON GLI ALTRI PAESI EUROPEI

Il confronto con l’Europa I dati disaggregati per sesso, classe di eta’ e fase epidemica, cosi’ come analizzati in questo rapporto, non sono disponibili per altri paesi Europei e pertanto non e’ metodologicamente corretto eseguire un confronto del CFR per paese. È comunque opportuno notare che i CFR standardizzati utilizzando la popolazione europea standard come riferimento sono risultati inferiori a quelli calcolati usando come riferimento la popolazione Italiana residente. Questo suggerisce che la struttura per eta’ relativamente piu’ anziana della popolazione Italiana possa spiegare in parte le eventuali differenze con gli altri Paesi. L’unico confronto possibile a livello internazionale e’ basato sull’eccesso di mortalità registrato durante l’epidemia rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti. Le stime fornite da Eurostat riguardo la variazione percentuale dei decessi registrati nel periodo Febbraio-Ottobre 2020 rispetto a quelli registrati nello stesso periodo dei quattro anni precedenti mostrano come l’Italia, rispetto alla stima complessiva riferita ai 27 paesi membri dell’UE, abbia avuto, a eccezione della prima ondata epidemica, un eccesso di mortalità inferiore alla media Europea (13,1% vs 17,1% nel mese di ottobre).

COS’È LA FATALITY RATE

In alcuni casi la letalita’, ossia la proporzione di decessi che si verificano in una popolazione infetta, e’ stata calcolata utilizzando dati aggregati cumulati riferiti ai casi e decessi notificati a una certa data. Questa tipologia di stima puo’ pero’ risentire di distorsioni. Le stime puntuali e il loro confronto nello spazio e nel tempo possono ad esempio essere distorte da differenze e modificazioni nell’accessibilita’ ai test diagnostici.

Ad esempio, una ridotta capacita’ di tracciamento di casi asintomatici conduce a una di sottostima della popolazione infetta esposta al rischio di morte e alla conseguente sovrastima della letalita’. In questi casi, e’ piu’ appropriato utilizzare il termine case fatality rate (CFR) che e’ calcolato esclusivamente sulla popolazione dei casi noti, ossia quelli diagnosticati e notificati. Inoltre, l’utilizzo di dati aggregati cumulati a una certa data non tiene conto dell’intervallo di tempo che intercorre tra la diagnosi e l’eventuale decesso. In questa circostanza, i casi per i quali l’infezione e’ relativamente recente da non aver ancora potuto manifestare eventuali complicazioni fatali sono conteggiati nella popolazione infetta a rischio di decesso, causando cosi’ una sottostima del CFR. Mentre il primo limite non puo’ essere superato con i dati a disposizione, l’analisi presentata in questo rapporto e’ basata su dati individuali riferiti ai casi per i quali, tenuto conto di un possibile ritardo nell’aggiornamento delle informazioni, il tempo di osservazione del decorso clinico e’ stato di almeno 30 giorni dalla diagnosi.

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