SIP: ALLA BASE DISAGIO PIÙ AMPIO CHE RIGUARDA ANCHE FAMIGLIA E SOCIETÀ
(DIRE - Notiziario Scuola) Roma, 10 dic. - Sono tanti i giovani italiani che abbandonano troppo presto la scuola, anche prima di aver conseguito un titolo di studio superiore. Si tratta di circa 800.000 ragazzi, di cui il 60% maschi, che hanno alle loro spalle un'esperienza di abbandono scolastico, in particolare al sud.
"Numeri che ci pongono ad una discreta distanza dall'attuale 14,4% della media europea e dall'obiettivo del 10% di tasso di abbandono scolastico, stabilito nella strategia Europa 2020". Lo ha ricordato Marcello Lanari, pediatra e direttore scientifico della rivista 'Conoscere per Crescere' della Societa' Italiana di Pediatria (Sip), edita dalla casa editrice Editeam, quale strumento di informazione scientifica per le famiglie e la scuola.
Il fenomeno dell'abbandono scolastico e' "un problema composito che condiziona negativamente il futuro del ragazzo- ha proseguito il pediatra - trovandosi questi in possesso di competenze e capacita' inadeguate alle richieste sempre piu' complesse del mercato del lavoro ed in generale della vita". E' inoltre un possibile "pericolo per il suo presente, creando le condizioni per un facile reclutamento in attivita' non consone alla sua eta' o addirittura illecite". Molto spesso tuttavia, l'abbandono definitivo della scuola non e' "repentino, ma ipotizzabile (e dunque prevenibile), perche' preceduto da quella che viene definita dispersione scolastica caratterizzata da percorsi punteggiati da insuccesso scolastico, frequenza incostante, ripetuti cambiamenti di classe o istituto. Talvolta- ha spiegato Lanari- riguarda anche coloro che nella scuola restano, ma solo formalmente, perche' seguono il corso di studi in maniera talmente passiva, da non derivarne una reale formazione ed uscendone in condizioni di semianalfabetismo".
Quasi sempre, alla base della dispersione scolastica vi e' "un disagio piu' ampio di quello dovuto all'insuccesso scolastico stesso, che riguarda l'ambiente familiare e sociale in cui il ragazzo vive e che richiede analisi e modalita' d'intervento individualizzate". Tra le molteplici cause vi puo' essere anche una "scelta degli studi superiori poco oculata o imposta, la sensazione di inadeguatezza che puo' derivarne, la disistima da parte di genitori e/o insegnanti e, sempre di piu', la diffusa e malsana percezione da parte dei giovani dell'inutilita' dei valori trasmessi dalla scuola, rispetto al continuo prevalere di messaggi fuorvianti che indicano vie brevi e meno faticose per un eventuale successo (anche questo idealizzato in totale coerenza con valori a dir poco effimeri)".
Ebbene, di tutto questo "siamo noi i responsabili, noi genitori, noi insegnanti, noi educatori, noi adulti. Abituiamoli a non pensare la scuola come qualcosa di disconnesso dalla loro attivita' lavorativa di domani, ma aiutiamoli a fare le scelte piu' appropriate in base a cio' che loro desiderano, tenendo tuttavia in considerazione le loro effettive affinita' e capacita', che come genitori dovremmo conoscere meglio di chiunque altro. Insegniamo loro che raramente si ottiene cio' a cui si mira senza molto impegno e fatica. Apriamo un dialogo con i loro insegnanti, i quali- ha concluso Lanari- oltre ad avere capacita' tecniche per l'orientamento dei ragazzi, spesso leggono in loro cose che noi genitori, emotivamente coinvolti i, non riusciamo a vedere".
(Wel/ Dire)