Roma, 5 giu. - Ridurre le calorie giornaliere ed eliminare dalla dieta alcuni alimenti per migliorare i sintomi della sclerosi multipla e l'efficacia delle terapie. È l'ipotesi (basata su circa venti anni di evidenze scientifiche) che stanno testando due gruppi di ricerca italiani, quello di Giuseppe Matarese (Principal Investigator), professore ordinario di Patologia Generale e Immunologia, dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche (DMMBM) dell'Universita' degli Studi di Napoli Federico II, e di Luca Battistini, vicedirettore scientifico dell'IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma.
Comprendere se e come l'alimentazione, in particolare la restrizione calorica, possa influire sulla storia di questa malattia, modificandone la prognosi, e' infatti l'obiettivo di un innovativo studio clinico finanziato da FISM, presentato oggi a Rima in occasione del Congresso scientifico 2019. La sperimentazione e' attualmente nella fase di arruolamento e prevede di dare i primi risultati gia' nel 2020.
Quel nesso tra dieta ipercalorica e SM - Gia' nel 2007 era stato dimostrato che livelli elevati di leptina, un ormone prodotto dal nostro tessuto adiposo, possono inibire il corretto funzionamento delle cellule T 'regolatorie' e ridurre la loro capacita' di 'tenere a bada' la proliferazione delle cellule T 'autoreattive', che sono coinvolte nello sviluppo della SM: in pratica una dieta ipercalorica, ricca soprattutto di grassi animali e zuccheri, puo' portare le cellule che normalmente proteggono dalla malattia a non funzionare al meglio. È stato anche osservato che la leptina e' presente in maggiori quantita' nelle persone con SM, soprattutto nella fase acuta della malattia, rispetto alle persone sane. Una conferma indiretta della correlazione tra alimentazione, metabolismo e SM arriva anche da studi epidemiologici, che mostrano come le persone un peso piu' elevato durante la puberta' abbiano un rischio maggiore di sviluppare la malattia. Ma se una dieta troppo calorica puo' avere un ruolo nella dis-regolazione del sistema immunitario, allora potrebbe essere vero anche il contrario: "affamare" il sistema potrebbe favorirne il suo buon funzionamento.
Il nuovo progetto di ricerca su dieta e SM - Per il nuovo studio verranno arruolate circa cento persone con SM. Una parte seguira' per un anno un regime alimentare che ridurra' del 15-20% l'introito calorico giornaliero: una restrizione modesta, sia perche' non si conoscono ancora i possibili risvolti negativi di una restrizione piu' drastica, sia perche' si mira a mettere a punto una dieta che possa essere facilmente seguita da tutti nel lungo periodo, dal momento che la SM e' una malattia cronica.
Tutte le persone con SM coinvolte nello studio seguiranno lo stesso tipo di terapia, senza ricorso alla immunosopressione linfocitaria, e gli effetti della restrizione calorica saranno valutati rispetto a un gruppo di controllo attraverso risonanza magnetica ed EDSS (ExpandedDisability Status Scale). Al termine del primo anno di sperimentazione, anche i volontari del gruppo di controllo saranno invitati, se lo desiderano, a seguire il protocollo con la riduzione delle calorie.
Un terzo gruppo di persone con SM seguira', infine, una dieta ad hoc, che riduce o elimina selettivamente alcuni alimenti gia' noti per il loro effetto immunogenico (in grado, cioe', di indurre una reazione immunitaria): in particolare i derivati del latte e il glutine. Di nuovo, lo scopo e' valutare l'eventuale effetto del cambiamento di dieta - in questo caso qualitativo e non solo quantitativo - sulla risposta alla terapia e sull'andamento della malattia in generale, e cercare di comprendere su quali meccanismi biologici agisca. Una ipotesi chiama in causa le citochine anti-infiammatorie. È stato gia' osservato, infatti, che la restrizione calorica e l'attivita' fisica favoriscono un aumento di queste molecole 'buone' che fanno da contraltare alle citochine pro-infiammatorie. Non e' tutto: tanto i regimi dietetici quanto l'attivita' fisica sembrano in grado di contrastare la perdita della sensibilita' dei recettori per gli endocannabinoidi (CB1) dovuta proprio all'infiammazione cronica. È stato anche osservato che i neuroni rispondono alla restrizione calorica e al movimento, aumentando l'organizzazione dendritica e la plasticita' sinaptica, migliorando i sintomi clinici della SM. È l'inizio di un lungo percorso scientifico: un possibile nuovo approccio alla SM in cui la dieta e' intesa come una vera e propria terapia. Che avra' bisogno di una solida ricerca alle spalle.
Nuovi dati sul microbioma intestinale: si studiano fungi e lieviti - Non solo calorie in eccesso: anche la flora intestinale sembra giocare un ruolo nella genesi della SM. Come in altre malattie autoimmuni, infatti, nelle persone con SM si osserva uno squilibrio (disbiosi) dei microrganismi che si trovano nell'intestino. Il gruppo di ricerca di Battistini studia da anni l'asse intestino-cervello e il modo in cui, nell'ultimo mezzo secolo, lo stile di vita dei paesi industrializzati - dalla dieta alle condizioni igieniche, alle abitudini (tra cui l'abuso di antibiotici) - abbia alterato la flora intestinale. Oggi si pensa che proprio queste alterazioni siano una concausa dell'infiammazione nelle patologie croniche autoimmuni come la SM.
(Red/ Dire)