Roma, 30 gen. - Uno studio americano della Mayo Clinic, di recente pubblicato sulla rivista Gastroenterology, suggerisce che un nuovo esame del sangue potrebbe sostituire in futuro la gastroduodenoscopia con biopsia dei villi duodenali per far diagnosi di celiachia e per confermare la guarigione della mucosa intestinale dopo introduzione di una dieta priva di glutine. Lo comunica in una nota la Sige.
La malattia celiaca e' una malattia autoimmune multi-organo scatenata dall'ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. Attualmente, la diagnosi nell'adulto richiede un prelievo di sangue per la valutazione di anticorpi specifici per la malattia celiaca (anticorpi antitransglutaminasi IgA e anticorpi anti endomisio) associata all'esecuzione di una esofago gastro duodenoscopia (Egds) con biopsie effettuate a livello della seconda porzione del duodeno.
Le ultime linee guida per la diagnosi nei bambini indicano un sottogruppo di pazienti nei quali e' possibile evitarla. Questo ha riacceso negli ultimi anni il dibattito tra gli esperti di celiachia sulla necessita' di eseguire la biopsia anche nell'adulto al momento della diagnosi quando gli anticorpi risultano positivi. Inoltre e' noto che dopo aver instaurato una dieta priva di glutine, per seguire l'evoluzione della malattia il dosaggio degli anticorpi antitransglutaminasi e antiendomisio non consente di distinguere adeguatamente i soggetti con persistente danno intestinale da quelli dove e' stato raggiunto un completo ripristino della mucosa. E' dunque ancora aperto il dibattito sulla necessita' o meno di sottoporre nuovamente ad Egds le persone con celiachia nel corso del follow-up.
Partendo da queste premesse, il lavoro di RokSeonChoung et al. (Divisione di Gastroenterologia ed Epatologia, Mayo Clinic, Rochester, Usa) appena pubblicato sulla rivista Gastroenterology fornisce nuovi importanti indicazioni. Gli autori sono andati a testare l'utilita' del complesso tTg-dgp (un complesso di peptidi sintetizzati di gliadina deaminata e transglutaminasi) come marcatore diagnostico di celiachia e come marcatore di guarigione della mucosa intestinale in corso di dieta senza glutine. Questo nuovo test ha dimostrato una sensibilita' del 99 per cento (1 per cento di falsi negativi) e una specificita' del 100 per cento (0 per cento di falsi positivi) nel distinguere i pazienti con celiachia dai soggetti sani. L'utilizzo di questo test come marker di guarigione della mucosa intestinale in corso di dieta senza glutine ha invece presentato una sensibilita' dell'84 per cento e specificita' del 95 per cento nel predire la guarigione mucosale.
"Questo studio- commentano la dottoressa Fabiana Zingone dell'Universita' di Padova e il professor Edoardo V. Savarino dell'Universita' di Padova e membro del consiglio direttivo Sige-ci proietta dunque verso l'impiego di un nuovo biomarcatore utile sia ai fini diagnostici che di monitoraggio della malattia celiaca, che potrebbe, in soggetti selezionati, evitare l'esecuzione della biopsia duodenale sia per la diagnosi che per il monitoraggio dei pazienti con celiachia. Tuttavia l'utilizzo nella pratica clinica di questo nuovo sistema necessita di ulteriori studi che valutino l'effettivo guadagno in termini diagnostici rispetto all'uso dei soli anticorpi anche in termini di costi".
Sono attualmente circa 200 mila gli italiani con diagnosi di celiachia ma si ritiene verosimile un sommerso non diagnosticato di circa il doppio. La patologia risulta concentrata nella fascia di eta' 19-40 anni (35 per cento circa) ed a seguire la fascia 41-65 anni (31 per cento circa). In forte aumento la prevalenza in eta' pediatrica che secondo studi recenti si aggirerebbe in Italia intorno a 1.3-1.5 per cento. Questi dati ed in particolare quelli sul sommerso suggeriscono come la identificazione di metodiche non invasive per la diagnosi di celiachia rappresenti un obiettivo prioritario per la ricerca biomedica.
(Wel/ Dire)