Legare non cura, il Gis geriatrico Aifi contro la contenzione
"Tema di civilta', occorre cambiare approccio verso pazienti"
Roma, 14 nov. - La contenzione non deve mai essere un mezzo per sopperire alla mancanza di personale di strutture che assistono pazienti fragili, in particolare gli anziani. Si sviluppa a partire da questo concetto l'impegno del Gruppo di interesse specialistico di Fisioterapia Geriatrica dell'AIFI nel contrastare la contenzione, assicurando il benessere dei pazienti, non solo dal punto di vista fisico ma anche psico-sociale. L'interesse sulla tematica sta crescendo in Italia negli ultimi anni, nonostante sia una questione "complicata da trattare ma sicuramente di civilta' e professionalita'", e che "coinvolge diverse professioni sanitarie e la comunita'": la strada e' quella del "cambiamento culturale", necessario per ribaltare il concetto di assistenza da un approccio standardizzato a uno che metta al centro l'individuo e le sue esigenze, garantendone comunque la sicurezza. Superare la contenzione e' dunque l'obiettivo ("raggiungibile") del Gis Geriatrico, che oggi a Roma ha organizzato insieme ad AIFI Lazio un convegno per affermare che non solo "si puo'" andare oltre le cinture e le sponde che costringono all'immobilita' un paziente anziano, ma "si deve".
LEGARE NON CURA I PAZIENTI - Diverse sono le modalita' con cui viene controllata la liberta' delle persone, attraverso un'applicazione meccanica (tramite strumenti come fasce, cinture e sponde applicate al letto), farmacologica, ambientale (confinamento della persona in un determinato ambiente, vietandole di uscire liberamente), e fisico (immobilizzazione tramite le braccia, ad esempio). Per tutte queste pratiche esistono numerose complicanze, che spaziano dai traumi meccanici alle malattie funzionali organiche, dalle sindromi della sfera psico-sociale, fino alla morte. Oltretutto la contenzione e' una pratica che non ha carattere di eccezionalita' ma risulta anzi diffusa, e ha delle conseguenze non solo sulla persona legata ma anche sugli altri pazienti intorno a lui, sui familiari, sugli operatori sanitari. Nel 2015 il Comitato nazionale di Bioetica della Presidenza del Consiglio dei ministri ha affermato che la contenzione meccanica e' una pratica diffusa che deve essere superata, condannandone l'applicazione per motivi organizzativi e sottolineando come si tratti di una azione che non cura, non riabilita ne' tantomeno previene le cadute e l'insorgenza di altre problematiche. Un pronunciamento, dunque, che costituisce una svolta, "l'anno zero" in materia.
LE COMPETENZE DEL FISIOTERAPISTA - Come si puo' superare la contenzione, e quali sono le modifiche necessarie? Sicuramente il primo passo e' individuare i pazienti a rischio cadute, gestendo il rischio clinico e associandolo a un'attivita' di report che possa consentire di affrontare sempre meglio la problematica sviluppando esperienza nel trattamento. "Tutto questo fa parte delle competenze di un fisioterapista- spiega Gilberto Cherri, presidente del GFG dell'Associazione italiana Fisioterapisti- dobbiamo pretendere di entrare nella modulazione, applicazione e valutazione dei setting assistenziali piu' corretti, passando da una assistenza tradizionale che sostituisce l'autonomia dell'anziano fino a fargli perdere la capacita' di deambulazione e simili, a una assistenza attivante, abilitante e individualizzata che metta in condizione l'individuo di esercitare le sue funzioni, facendo capire anche ai familiari che bisogna uscire dal concetto di 'accudimento', stimolando le attivita' quotidiane. E' la struttura che deve adattarsi alla persone e non viceversa".
CAMBIAMENTI E ORGANIZZAZIONE - Integrazione e coordinamento sono dunque le peculiarita' che investono le figure professionali a contatto con i pazienti anziani. Il risultato da raggiungere e' il profondo mutamento del modo in cui vengono concepiti i problemi, gestite le risorse, impostate le varie organizzazioni. Ecco perche' esistono metodi diretti e indiretti per superare la contenzione. I primi riguardano l'attenzione all'ambiente circostante, ma soprattutto i cosiddetti ausili alternativi (in cui cruciale e' dunque la finalita' dell'utilizzo del dispositivo: e' un atto sanitario solo se serve a fornire supporto alla postura, oppure aiuta a compiere gesti nel modo piu' sicuro e rapido, aiutando a prevenire l'aggravarsi di una disabilita'). I secondi, invece, riguardano l'organizzazione della struttura, le modalita' operative, la valorizzazione delle professioni e lo sviluppo culturale, coinvolgendo anche i familiari del paziente ed educando in generale l'opinione pubblica.
TRIESTE ESEMPIO DI LIBERTA' - Si tratta sicuramente di una meta difficile da raggiungere, ma non impossibile. Lo dimostra l'esempio di Trieste, dal 2013 citta' "libera dalla contenzione" ed esperienza pilota per il rispetto dei diritti di civilta', salute e umanita', grazie all'impegno fin dal 2006 da parte dell'Azienda sanitaria universitaria integrata locale e dell'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Trieste. A conferma che le parole sono importanti quanto i fatti, il GFG ha recentemente proposto la modifica dell'articolo 28 del Codice deontologico del Fisioterapista, che attualmente recita: "La contenzione e' una pratica clinica eccezionale che deve salvaguardare il rispetto della dignita' e della liberta' della persona", spiegando che "non puo' essere un metodo vicariante le carenze assistenziali dell'organizzazione". Il nuovo articolo, quindi, dovrebbe riportare che "la contenzione non e' un atto sanitario e non ha finalita' preventiva, di cura o riabilitazione. Il fisioterapista promuove una cultura della cura e dell'assistenza rispettosa dei diritti e della dignita' della persona e si adopera per il superamento della contenzione, anche contribuendo alla realizzazione di modelli di cura e assistenza attivanti e liberi da pratiche di contenzione".
(Red/ Dire)
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