(DIRE - Notiziario settimanale Sanita') Roma, 23 mar. - "Tra 20 anni piu' di 60.000 farmacisti italiani saranno disoccupati". Per questo "e' arrivato il momento di introdurre il numero chiuso anche per la laurea in farmacia". L'allarme lo lancia la Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi), durante "FarmacistaPiu'", il congresso che si e' svolto nei giorni scorsi alla Fortezza da Basso di Firenze. Secondo gli ultimi dati emersi nell'ambito dell'iniziativa "Joint Action Health Workforce Planning and Forecasting", avviata nel 2015, promossa dalla Commissione europea con la partecipazione del ministero della Salute e finalizzata a definire una metodologia condivisa per la determinazione del fabbisogno per il Servizio sanitario nazionale nel periodo 2015-2040, emerge infatti un fabbisogno occupazionale di circa 1.500 farmacisti l'anno. Il punto e' che, fa notare la Fofi, ogni anno vi sono "4.700 nuovi laureati, dei quali 4.000 intenzionati ad iscriversi o gia' iscritti all'albo".
Quattromila, meno 1.500: 2.500 posti di troppo moltiplicati per una ventina d'anni. Il risultato? "50.000 nuovi farmacisti disoccupati, da sommare ai quasi 13.000 farmacisti che gia' oggi sono in cerca di occupazione". In tutto, quindi, denuncia la Federazione dei farmacisti, "un esercito di 63.000 professionisti disoccupati".
Per questo dalla convention fiorentina 2016 la Fofi lancia l'allarme e fa una serie di proposte al Governo e alle istituzioni universitarie e sanitarie per scongiurare questo scenario e rilanciare il settore. La prima: "Numero chiuso anche per la laurea in Farmacia, sulla base di una programmazione legata all'effettivo fabbisogno di ricambio generazionale e quindi stabilendo al momento una quota massima di iscrizioni per i prossimi anni accademici". Secondo: "Dare finalmente seguito alla farmacia dei servizi come presidio del Servizio sanitario nazionale da inserire a pieno titolo, come del resto previsto anche dall'ultimo Patto per la Salute siglato da Governo e Regioni, nella riforma in atto della medicina territoriale".
Nello specifico la Federazione pensa ad "una farmacia multifunzionale", un luogo che "puo' costituire un valido presidio della rete extraospedaliera ed essere attiva in molteplici campi di attivita' dando cosi' spazio e opportunita' alle nuove leve della professione". Tra queste: il controllo dell'aderenza alla terapia (attualmente risulta che il 50% dei pazienti non sia aderente e che il 25% di ricoveri in ospedale sia legato alla cattiva gestione delle terapie farmacologiche, spesso inconsapevole); attivita' di screening della popolazione sana a scopi di prevenzione (es. diabete), anche in collaborazione con i medici di medicina generale; monitoraggio del paziente cronico con autoanalisi ed iniziative di educazione sanitaria; una nuova remunerazione per l'atto professionale, "che preveda una fee per la singola dispensazione e una percentuale sul prezzo del farmaco; tale soluzione consentira' di uscire da una logica meramente commerciale e di valorizzare il ruolo professionale del farmacista"; ritorno in farmacia dei farmaci innovativi compatibili con l'uso sul territorio, oggi ormai dispensati esclusivamente in ambito ospedaliero, per venire incontro alle esigenze di continuita' terapeutica del cittadino senza costringerlo ad andare per forza in ospedale.
Infine, la terza proposta: "Incrementare gli organici dei dirigenti farmacisti ospedalieri nel Ssn per adeguarli finalmente agli standard funzionali". Il farmacista ospedaliero, "contrariamente a quanto comunemente si pensa, non si dovrebbe infatti occupare solo del rifornimento di farmaci ai reparti ma, soprattutto oggi, con l'affermarsi degli ospedali ad alta e media complessita', impegnati spesso nella ricerca e nella sperimentazione, puo' e deve avere un ruolo attivo anche in questi ambiti".
(Wel/ Dire)