(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 14 ott. - La trombosi venosa è la prima causa di morte in ospedale in Italia. Nei nostri ospedali, infatti, oggi non viene richiesto di valutare il profilo di rischio individuale di ogni singolo paziente. Così, per esempio, accade che 60 casi di trombosi su 100 si verificano proprio in persone ricoverate in ospedale. Come confermato da un'indagine condotta da Isth su 7.233 persone in nove Paesi, poi, solo 25 pazienti su 100 sanno che il fatto stesso di essere ricoverati in ospedale aumenta la probabilità di trombosi. "Molte vite oggi potrebbero essere salvate- dice Lidia Rota, presidentessa di Alt (Associazione per la lotta alla trombosi e alle malattie cardiovascolari)- se ogni ospedale rilevasse il profilo di rischio per Tev in ogni paziente al momento in cui accede all'ospedale e applicasse i metodi di prevenzione noti e disponibili".
Per queste ragioni Alt e Humanitas research hospital Irccs stanno realizzando un progetto che coinvolge infermieri, medici e pazienti, con l'obiettivo "di ridurre le complicanze da trombosi attraverso l'attivazione di una squadra contro questa patologia, con il fine di impostare una profilassi, non necessariamente farmacologica, per ogni paziente che partecipa attivamente imparando attraverso il materiale educativo messo a disposizione da Alt". Intanto, l'Associazione per la lotta alla trombosi si allinea con oltre 300 fra ospedali, agenzie governative e associazioni di pazienti in 65 Paesi del mondo, uniti per chiedere ai sistemi sanitari "un'azione concreta per ridurre nei pazienti ricoverati in ospedale l'incidenza di trombosi e di embolia polmonare".
Ma qual è, per quanto riguarda la trombosi, la situazione nel mondo? "Ogni anno nel mondo si verificano 10 milioni di casi di trombosi venosa ed embolia polmonare- fanno sapere gli esperti- Trombosi significa infarto del miocardio, ictus cerebrale, trombosi delle vene e delle arterie, ed embolia: nel loro insieme queste malattie, comunemente raccolte nella definizione 'cardiovascolari', sono la prima causa di morte e di grave invalidità in Europa e negli Stati Uniti. Colpiscono infatti il doppio dei tumori, e molto più degli incidenti e dell'Aids messi insieme".
Un paziente viene ricoverato in ospedale per molte ragioni, spiega ancora la presidentessa di Alt- un intervento chirurgico, un trauma, una malattia con febbre, un'infezione, un ictus, un infarto, lo scompenso cardiaco, la polmonite, una malattia reumatica. Chi lavora in ospedale, quindi, deve essere a conoscenza di questo, provvedendo a proteggere i pazienti ricoverati da una complicanza che non farebbe che aggravare la situazione iniziale- conclude- per la quale il paziente è stato ricoverato".
(Wel/ Dire)