Il Samifo in sette anni di attività ha curato 9 mila persone
(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 1 lug. - Cure mediche, assistenza psicologica e sociale. Il Samifo, centro per la salute dei migranti forzati, e' una vera e propria casa della salute che a Roma accoglie gratuitamente richiedenti asilo e titolari della protezione internazionale. Nato dalla collaborazione tra il Centro Astalli e la Usl di Roma, in sette anni di attivita' ha curato 9 mila persone. "Offriamo assistenza primaria - spiega Antonio Spina, medico del Samifo -, e rappresentiamo un modello innovativo in cui il servizio pubblico collabora con terzo settore. Questo tipo di integrazione si e' rivelata vincente e permette anche un risparmio in termine di spesa sanitaria. Solo nel 2014 abbiamo visitato 5500 persone, di queste 1050 erano donne. Le patologie piu' diffuse sono le malattie infettive, il diabete mellito e l'ipertensione arteriosa, nonostante la giovane eta' dei pazienti". La popolazione assistita e' prevalentemente africana, seguita da quella afgana: l'80 per cento sono uomini, il 20 per cento donne.
"Rivolgiamo particolare attenzione alle persone vulnerabili, vittime di maltrattamenti - afferma Giancarlo Santone e coordinatore del Samifo, medico di psichiatria alla Asl di Roma -, in un anno sono stati piu' di 300 i migranti che si sono rivolti al nostro presidio e che hanno subito qualche forma di tortura. Le violenze li hanno segnati profondamente: hanno paura di tutto, sono sospettosi e diffidenti. In questo contesto qualsiasi azione che mira a ridare dignita' alla loro persona, diventa un atto terapeutico", spiega Santone. Il servizio e' diventato con gli anni un punto di riferimento per le associazioni che si occupano dei richiedenti asilo, per i centri di accoglienza, ma soprattutto per i migranti vittime di violenze di ogni tipo. Un reparto importante del centro e' quello di ginecologia: "Vengono curate le donne che hanno subito abusi sessuali di massa, di matrimoni forzati e di stupri avvenuti anche nel nostro Paese. Le conseguenze possono essere drammatiche: queste ragazze hanno paura del contatto fisico, alcune entrano in menopausa precoce e fanno fatica a costruire una nuova vita. Nel Samifo curiamo le ferite fisiche ma anche quelle morali".
Un modello che secondo Santone puo' essere replicabile in altre citta', soprattutto dove la presenza dei migranti e' piu' elevata. "Non neghiamo che ci sono ancora delle criticita': e' un servizio a tempo. Non sempre riusciamo a far si' che i nostri pazienti, passati i 24 mesi di assistenza, accedano a tutti i servizi basilari per la persona. Serve una integrazione tra enti, autorita' e associazioni che tengano conto di tutte le problematicita' che vivono i migranti".
(Wel/Dire)