Padre Bettone: Vicenda Francesca mi ha gettato in sconforto
(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 9 dic. - Le persone sieropositive non sono contagiose. E i bambini posso quindi andare a scuola e giocare tranquillamente con i compagni. Il messaggio rassicurante viene da tre persone che dell'argomento se ne intendono: padre Giuseppe Bettoni, fondatore di Archè, onlus che dagli anni '90 accoglie mamme e bambini, Vincenzo Zuccotti, primario di pediatria del Buzzi di Milano e Livia Pomodoro, ex presidente del Tribunale dei minori. In un video di quattro minuti (https://youtu.be/qz5zz6TEbpI) della Fondazione Archè, ritornano sulla vicenda di Francesca, la bambina rifiutata da una scuola campana perché disabile e malata di Hiv. "Quando ho letto della vicenda di Francesca- afferma padre Giuseppe Bettoni- ho sentito lo sconforto più profondo perché mi è sembrato di aver fatto un salto indietro di almeno vent'anni. Erano gli anni novanta, fummo i primi, con Archè, ad impegnarci in un campo di cui pochi sapevano qualcosa, l'emergenza dell'Hiv pediatrico. Ci muovemmo su tutti i fronti possibili: dall'ospedale alla scuola, dalla famiglia alla parrocchia, dal circolo sportivo alle attività di quartiere partecipando anche alle riunioni di condominio. Cercavamo di sostenere le famiglie e i piccoli con l'Hiv perché facessero una vita il più possibilmente normale, ma allo stesso tempo facevamo formazione agli insegnanti, cercando di spiegare che la presenza di un bambino con l'Hiv non era pericolosa per gli altri, semmai lo era per lui: con un sistema immunitario depresso è più facile per loro contrarre infezioni, sono i più esposti e i più fragili. Ora questo episodio mi pare il rovesciamento di una mentalità che speravo fosse invece diventata patrimonio condiviso. E invece c'è ancora tanto da fare".
"Oggi siamo in un'epoca completamente diversa- sottolinea Vincenzo Zuccotti- le terapie hanno reso cronica quest'infezione, questi bambini vivono senza più avere un virus che replica nel proprio sangue quindi potenzialmente non hanno nessun rischio di contagiosità, possono fare una vita come gli altri. L'unica condizione è che continuino la loro terapia. Quindi è un grande dispiacere per me vedere che, dopo tanti anni, dopo tanta formazione, incontri, riunioni, le cose sono ancora così. Io invece tengo a dire che non c'è veramente nulla di cui preoccuparsi. Le persone con l'Aids non sono pericolose come qualcuno le vuole dipingere, è molto più pericolosa e contagiosa l'ignoranza, la non conoscenza". "Un rifiuto di questo genere non ha ragion d'essere perché esistono delle prescrizioni specifiche nelle scuole per le situazioni di bambini che hanno un disagio cronico o temporaneo- aggiunge Livia Pomodoro- Ritengo che si sia trattato della solita discriminazione, come quella che capita a volte nelle scuole dove ci sono bambini di colore o i bambini rom. Qualcuno potrà pensare che non si può dire la stessa cosa per un bambino con l'Aids conclamato: certo che non si può dire, perché è meno grave. Oggi un bambino che presenta una malattia conclamata di questo genere è un bambino che può essere curato, che ha delle prescrizioni da rispettare, certamente rigorose ma neanche tanto complicate, perché per fortuna la medicina ha fatto tanti passi avanti. Il genitore che tutela ai fini della salute il proprio bambino fa un'opera che è giusta e doverosa rispetto alla propria potestà ma questo non significa che va fatto a detrimento dello stare in comunità anche di altri bambini quando questo non comporta alcun danno per la salute".
(Wel/ Dire)