(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 9 lug. - Ogni anno, in Italia, si verificano oltre 80.000 fratture da fragilità ossea del collo del femore, con una netta prevalenza (72%) nelle donne. Tali fratture hanno importanti conseguenze cliniche, ben oltre l'intervento chirurgico, che vanno da periodi di immobilità prolungati, all'elevato rischio di invalidità con perdita parziale o totale dell'autonomia nelle più comuni attività della vita quotidiana, ad un significativo aumento della mortalità. La causa di queste fratture è la fragilità ossea che è causata dall'osteoporosi nella sua forma severa, una patologia che risulta, purtroppo, ancora molto sottovalutata dalle donne italiane.
"Con il progressivo invecchiamento della popolazione- dichiara il Prof. Giancarlo Isaia, Direttore del Dipartimento di Geriatria e Malattie Metaboliche dell'Osso all'Ospedale Molinette di Torino e Presidente della Siommms (Società Italiana dell'Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro)- è inevitabile che aumentino tutte le patologie croniche correlate all'età, fra cui l'osteoporosi. Una patologia che, soprattutto negli ultimi decenni, è diventata una vera e propria priorità sanitaria e sociale. Eppure, purtroppo, sorprende come ancora non si associ una frattura da fragilità ossea all'osteoporosi severa, come pure il fatto che le donne italiane, in realtà, non hanno ancora una sufficiente consapevolezza della patologia per allarmarsi. E ciò succede anche per responsabilità della classe medica: troppo spesso, infatti, si tende a banalizzare la frattura. Ovviamente la si cura quando occorre, ma poi, generalmente si tende a non dar seguito ad ulteriori approfondimenti diagnostici, sottovalutando il problema e il rischio di ri-frattura. Basti pensare che, oggi, nel nostro Paese circa il 70% dei pazienti fratturati di femore sottoposti ad intervento chirurgico non segue poi un adeguato trattamento farmacologico".
Assistiamo, dunque, ad una grave sottostima del rischio che le fratture da fragilità ossea, come quelle del collo del femore, comportano, non considerando che, in tutto il mondo, sono tra le principali cause di morbilità e mortalità. Addirittura, stando alle ultime stime, si calcola che nei prossimi 40 anni, in assenza di percorsi diagnostici e terapeutici mirati per la popolazione a rischio, anche in Italia assisteremo al raddoppiare dell'incidenza delle fratture da fragilità ossea. "Ci troviamo davanti ad un quadro sconfortante- prosegue Isaia- come provano anche i risultati dell'indagine 'La fragilità ossea: conoscenza e percezioni delle donne over 50' che Siommms, insieme alle altre Società Scientifiche che firmano la Campagna 'Stop alle Fratture', ha promosso in occasione dell'avvio della nuova edizione. Dalla ricerca emerge, infatti, come a fronte di atteggiamenti arrendevoli e fatalisti davvero troppo diffusi, persista una radicata sottovalutazione dei fattori di rischio della fragilità ossea, che appartengono a tutta la popolazione interessata (donne dai 50 anni in poi). Parliamo, ad esempio, del fumo, dell'eccessiva magrezza, di un consumo non moderato di alcolici e, peggio ancora, della familiarità di fratture da fragilità ossea che, addirittura, in Italia interessa 1 donna su 3". Per questo motivo, come presidente Siommms "voglio sottolineare come, oggi più che mai, sia necessario un radicale cambio di mentalità. Basta col considerare l'osteoporosi una malattia di serie B, ma cominciamo davvero a diffondere una sempre più ampia cultura della prevenzione, proprio come già si fa per le malattie cardiovascolari e i tumori".
Anche per l'osteoporosi, dunque, che nella sua forma più severa è causa della fragilità ossea, si deve indicare alle pazienti ma anche alle donne con un maggior rischio di frattura un percorso virtuoso: "parliamo della prevenzione cosiddetta primaria- precisa Giancarlo Isaia- che prevede una modifica degli stili di vita al fine di ridurre l'incidenza di fattori di rischio quali l'attitudine al fumo, la mancanza di attività fisica e l'alimentazione scorretta".
Ma anche della prevenzione secondaria, "che riguarda in primo luogo le donne che hanno, geneticamente, un maggior rischio di fratturarsi, ovvero una storia familiare di fratture. Ma anche di coloro che sono a rischio per patologie pregresse legate ad esempio a malattie tiroidee, paratiroidee, renali o reumatiche oppure che assumano farmaci, quali ad esempio i corticosteroidi, gli anticoagulanti come l'eparina o gli inibitori dell'aromatasi. Ci rivolgiamo, quindi, a tutte le donne, anche giovani, che hanno una storia familiare di fratture da fragilità ossea, ad esempio una madre o una nonna con frattura di femore, ma anche a quelle donne che cadono ripetutamente e con facilità. Sono queste potenziali pazienti che, a fronte dell'elevato rischio personale di frattura, devono richiedere pretendere, a partire dall'età menopausale, al loro Medico di famiglia di prescrivere loro una MOC, ovvero la Mineralometria Ossea Computerizzata".
Si tratta di un esame "non invasivo, che esprime la densità minerale dell'osso, fornendo un contributo importante per la valutazione del rischio di frattura negli anni successivi- continua- Anche il dosaggio della vitamina D è importante, soprattutto per le pazienti più anziane, oltre che per quelle donne che cadono con facilità. Infine, per ogni donna, sia con pregressa frattura da fragilità ossea, sia con un elevato rischio di incorrere in fratture da fragilità ossea, è fondamentale il consulto con uno specialista di riferimento ed assumere eventualmente i farmaci prescritti che sono in grado di dimezzare, in tempi relativamente brevi, il rischio fratturativo. A tale proposito, i Centri Clinici dell'Osteoporosi e delle Malattie Metaboliche dello Scheletro, accreditati dalla Siommms e presenti su tutto il territorio nazionale, sono a disposizione di pazienti e caregiver per eventuali approfondimenti clinici".
(Wel/ Dire)