'Gli insegnanti vanno formati'. 7 ottobre a Roma convegno su tema
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 25 set. - "È assurdo pensare che l'inserimento di un bambino autistico in una classe possa danneggiare gli altri alunni. Inserimento non significa che il minore coinvolto in questo disturbo stia tutto il tempo nella classe, questo potrebbe far male a lui e agli altri, ma far si' che il piccolo sperimenti nel corso dell'anno scolastico delle attivita' integrative assieme ai suoi compagni". La pensa cosi' Paola Venuti, responsabile del laboratorio di 'Osservazione, Diagnosi e Formazione' del dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell'Universita' di Trento, commentando quanto accaduto alla scuola elementare di Mugnano.
L'esperta trattera' proprio il tema della scuola al convegno 'Una vita con l'autismo. Diagnosi e terapia, scuola e inserimento sociale: quali prospettive', promosso il 7 ottobre a Roma dall'onorevole Paola Binetti presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, in via del Seminario 76, dalle 15 alle 19.
"L'inserimento va fatto secondo criteri e modalita' che partono da analisi precise, condotte sul singolo bambino- prosegue la docente- un soggetto autistico ha difficolta' nell'interazione e nell'organizzazione delle sue percezioni e fa fatica a stare tutto il tempo in una classe con 25 bambini. Per lui e' troppo sovrastimolante, deve abituarsi a poco a poco a questa situazione".
Pero', secondo la psicoterapeuta, la buona riuscita di un inserimento "dipende soprattutto da come gli insegnanti organizzano e portano avanti gli spazi di integrazione. Lavorare con l'autismo significa dare a tutti i docenti le competenze per capire come porsi verso i bambini autistici, attraverso una formazione specifica che non sempre hanno. Dobbiamo porci il problema di formare queste competenze".
Venuti sottolinea che "si possono trovare tanti modi diversi per far lavorare un bambino autistico con i suoi compagni. Pero' se l'inserimento viene fatto male, perche' le competenze dei docenti sono inadeguate, allora il soggetto che soffre di questo disturbo potra' risultare danneggiato con un conseguente aumento delle sue difficolta'".
Ai timori dei genitori, dettati da motivi puramente didattici credendo che i loro figli potessero rimanere indietro con l'apprendimento del programma, l'esperta risponde: "Dobbiamo toglierci dalla testa che la scuola sia solo apprendimento cognitivo. La scuola vuol dire apprendimento globale e l'educazione alla tolleranza, alla diversita', allo stare con gli altri sono apprendimenti fondamentali per la vita. Apprendimento quindi non e' solo leggere o scrivere- conclude Venuti- questa e' una visione riduttiva che i genitori hanno spesso ma che le insegnanti devono aiutare a superare".
(Wel/ Dire)