(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 6 mar. - "La scelta di non destinare un cavallo alla produzione alimentare deve essere reversibile, per l'economia degli allevatori, la sicurezza dei consumatori ed il bene dei cavalli. Lo scandalo della carne equina scovata in alimenti che non avrebbero dovuto contenerla si sta allargando a macchia d'olio. Allo stesso modo, vista anche la crisi che ha portato alla chiusura di diversi ippodromi, cresce la paura che parte di tale carne possa provenire da ex cavalli sportivi, introdotti illecitamente nella catena alimentare umana e magari trattati con sostanze che potrebbero costituire un potenziale pericolo per l'uomo". E' quanto afferma FederFauna, la Confederazione Sindacale degli Allevatori, Commercianti e Detentori di Animali, secondo cui "il problema e' dovuto soprattutto all'attuale normativa, che impone al proprietario di un equide di scegliere se esso sara' Destinato alla Produzione Alimentare (DPA) o, in modo irreversibile, non Destinato alla Produzione Alimentare (non-DPA). La scelta di dichiarare un cavallo non-DPA consente molta piu' liberta' nell'uso dei farmaci, ma essendo oggi irreversibile, impone ai proprietari spese non sempre sostenibili, magari per mantenere a vita un animale non solo non piu' utilizzabile per le corse, ma magari neanche per fare una passeggiata, oppure per lo smaltimento della sua carcassa una volta morto. Spese che possono indurre piu' di qualcuno a cercare illecite scorciatoie".
Secondo FederFauna "il problema potrebbe essere risolto rendendo reversibile la scelta e prevedendo un adeguato tempo di sospensione per i farmaci che garantisca la sicurezza alimentare. Del resto, le granaglie, la frutta e la verdura, tanto care agli animalisti, sono trattate addirittura con dei veleni perche' non siano mangiate prima dai parassiti che da noi, ma grazie ad adeguati tempi di sospensione dei trattamenti non corriamo alcun pericolo".
(Wel/ Dire)