(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 19 giu. - "Il 'World blood donor day', ovvero la giornata mondiale dedicata alla donazioni di sangue che si celebra il 14 giugno, e' una importante occasione per fare il punto sui progressi fatti e gli obiettivi da raggiungere". Lo afferma Claudio Velati, presidente della Societa' italiana di medicina trasfusionale e immunoematologia (Simti) che aggiunge: "Tra i traguardi raggiunti in questi anni c'e' certamente quello della sicurezza. Oggi in Italia possiamo garantire, per quanto concerne il sangue trasfuso e i sui derivati, un livello di sicurezza che e' tra i migliori al mondo. Su ogni unita' di sangue prelevata si effettuano rigorosissimi controlli con test virologici e a questo si aggiunge un controllo attentissimo anche di tutta la filiera, dal momento della donazione a quello della trasfusione. Ogni unita' di sangue e' tracciata, per cui noi siamo in grado di risalire, a distanza anche di trent'anni, sia al donatore che al soggetto a cui quel sangue e' stato trasfuso". Il cosiddetto "'rischio residuo' (ovvero l'umana impossibilita' di eliminare in modo assoluto qualunque rischio) e' rappresentato, per le trasfusioni, dalla probabilita' che una infezione virale 'nota' non sia evidenziata dai test, probabilita' che oggi in Italia e', mediamente, inferiore 1 su un milione di casi".
La sfida di oggi "come abbiamo bene evidenziato alla nostra recente Conferenza Nazionale dei Servizi Trasfusionali- prosegue Velati- e' passare dal sangue sicuro alle trasfusioni sicure, ovvero dalla sicurezza del prodotto alla sicurezza del 'sistema', riducendo al minimo fisiologico anche gli errori che si possono commettere in tutto il percorso trasfusionale".
Uno degli aspetti piu' critici del percorso trasfusionale, spiega Francesco Fiorin, primario del Servizio Trasfusionali di San Dona' di Piave e membro del direttivo Simti- risiede nell'errore umano e, in particolare, nelle procedure della identificazione certa del paziente in reparto, il che puo' portare ad un errore nell'abbinamento sacca di sangue-paziente. I casi non sono poi cos' rari: questo tipo di errore si colloca al nono posto come frequenza tra gli 'eventi sentinella' seguiti in Italia dal ministero della Salute, e puo' essere fatale per il malato".
Questa e' un'area "in cui possiamo migliorare e abbassare ulteriormente il tasso di errore umano. La strategia di intervento- precisa Fiorin- e' duplice: da un lato i servizi trasfusionali devono avere un ruolo attivo nella gestione del processo trasfusionale che non si limiti alla sola fornitura di un prodotto, instaurando collaborazioni con le altre unita' ospedaliere coinvolte e sostenendone l'operativita'; dall'altro anche Il paziente e i suoi famigliari devono essere coinvolti e responsabilizzati (attraverso materiale educativo creato all'uopo) ad un ruolo di controllo attivo". Infine, conclude Fiorin, "l'errore (anche quando non produce conseguenze) non deve essere mai nascosto, ma immediatamente segnalato ed analizzato con spirito costruttivo. L'obiettivo non e', infatti, la colpevolizzazione di chi lo ha commesso, ma l'identificazione delle cause che l'hanno generato. In questo modo e attraverso una condivisione delle esperienza, e' possibile rimuovere le cause e attivare i correttivi adeguati ad un miglioramento complessivo delle procedure adottate".
(Wel/ Dire)