E 6.000 IN REGIONE; MA TEST GENOMICI ORA 'DETTANO' CURE SU MISURA
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 19 giu. - Test genomici che permettono di selezionare le terapie 'su misura' per i diversi tipi di tumori alla mammella e scongiurano la chemioterapia nei casi in cui questa non avrebbe benefici certi. E' l'ultima frontiera della scienza nel campo della lotta ai tumori della mammella, una della patologie tumorali piu' diffuse. Per questo tipo di cancro, infatti, nella sola provincia di Bologna, si contano 1.000 nuovi casi all'anno, 6.000 in Emilia-Romagna e 46.000 in Italia: un "problema enorme", mettono in guardia chirurghi e oncologi, che riguarda una donna su nove e la cui incidenza e' in aumento. La buona notizia, pero', c'e', ed e' che a partire dal 2000 il tasso di mortalita' diminuisce sempre, mentre migliora notevolmente la qualita' della vita delle donne: l'80% di loro, infatti, guarisce e supera la malattia senza dover subire l'asportazione del seno. Ma novita' piu' grande sono i nuovi test genomici capaci di identificare con certezza il tipo di tumore che si deve combattere e dunque di 'mirare' meglio le cure: il test costa molto (circa 3.000-3.500 euro), ma alcune donne dopo averlo fatto possono evitare l'incubo della chemioterapia, e il Servizio sanitario risparmia i circa 30.000 euro che un anno di 'chemio' verrebbe a costare.
Il punto sulle ultime novita' mediche si fara' a Bologna tra oggi e domani, nel convegno "Il percorso clinico-assistenziale per le donne con tumore alla mammella", organizzato dall'istituto oncologico Addarii del Policlinico Sant'Orsola Malpighi con la partecipazione dell'Ausl. Il convegno, giunto quest'anno alla quarta edizione, e' un momento di approfondimento scientifico (e dunque dedicato agli 'esperti') ma anche di incontro con le associazioni che stanno al fianco delle pazienti e raccolgono fondi per la ricerca e l'assistenza.
I passi avanti nella cura di questa patologia tumorale sono stati possibili sopratutto grazie ad una diagnosi precoce e l'Emilia-Romagna, in questo, e' l'unica regione italiana che ha ampliato la fascia di screening abbassandola ai 45 anni: ora e' previsto dai 45 ai 74, prima era dai 50 ai 69. Avere una diagnosi precoce, spiega il direttore della Chirurgia del S.Orsola-Malpighi, Mario Taffurelli, permette sempre piu' di limitare le mastectomie e di preferire una chirurgia conservativa. Oggi, infatti, "per l'80% delle donne sono possibili interventi conservativi e di oncoplastica che rimodellano il seno". Resta, e' vero, "un 20% che deve comunque eseguire la mastectomia, ma non ci sono quasi mai controindicazioni a successivi interventi di ricostruzione della mammella". Gli stessi interventi chirurgici, poi, sono meno invasivi: se una volta si rimuovevano tutti i linfonodi del cavo ascellare (con possibili effetti collaterali), adesso ci si limita a togliere un "linfonodo sentinella" e si procede col resto solo in caso sia gia' contagiato da cellule tumorali.
L'obiettivo principale a cui puntano i medici, pero', spiega il direttore dell'Oncologia dell'istituto Addarii, Claudio Zamagni, e' "una sempre maggior personalizzazione delle cure", possibile grazie ai progressi fatti in campo biologico e molecolare nello studio dei tumori che colpiscono il seno. "Una volta era considerata un'unica malattia, ora sappiamo che le tipologie sono almeno cinque, anche molto diverse fra loro, per cui la terapia non puo' essere sempre la stessa". E la chiemioterapia, che una volta veniva applicata in modo "generalizzato" a tutte le donne dopo l'operazione, ora si puo' evitare grazie ad alcuni test genomici che individuano i geni responsaili della crescita tumorale.
L'auspicio dei medici e' quello di 'selezionare' sempre piu' la terapia, da un lato per evitare l'impiego di cure complesse, invasive e costose (che possono cosi' essere riservate solo a chi ne ha strettamente bisogno per evitare ricadute), dall'altro per garantire una miglior "qualita' della cura", che mira a essere "sempre piu' su misura pe la singola paziente". Allo stato dell'arte, spiega Zamagni, i casi in cui la chemioterapia e' indispensabile sono nel 15% dei casi (che se consideriamo la media di 1.000 diagnosi annuali di Bologna significa 150 donne): si tratta delle donne a cui viene diagnosticato un tumore di tipo 'triplo negativo'. Per questi casi, dopo l'operazione, la 'chemio' e' la regola. Altre volte puo' essere piu' indicata l'ormonoterapia, altre ancora l'impiego di anticorpi "monoclonali", che riescono a contrastare determinate cellule 'bersaglio' (utilizzati nel 20% dei casi).
Nel 65% dei casi, pero', ci si trova di fronte ad un'incertezza terapeutica: i tumori, ad esempio, possono essere sensibili alla terapia ormonale, ma questa non viene giudicata sufficiente e cosi' la si affianca sempre con una chemioterapia. Con i test genomici, pero', questo non e' piu' necessario. Al S.Orsola ne vengono eseguiti circa un centinaio all'anno. Il caso di Angelina Jolie che ha deciso di rimuovere entrambi i seni per prevenire il rischio di tumore? "Il suo e' un particolarissimo sottogruppo di donne che, per disposizione eredo-familiare, hanno un rischio di sviluppare il tumore che puo' arrivare fino al 60-70%. Uno degli approcci e' la mastectomia bilaterale profilattica, ma ci sono anche altre strategie come una sorveglianza molto stretta. E questo viene regolarmente attuato nel programma di monitoraggio attivato a partire dallo scorso anno in regione".
(Wel/ Dire)