LA STRUTTURA È PRIMA IN ITALIA PER LA REINTEGRAZIONE FAMILIARE.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 1 mar. - Anticipi bancari tali
da rendere inefficace la raccolta del 5per mille, finanziamenti
regionali dovuti ma non sbloccati da quasi diciotto mesi,
progetto sociale che da dicembre 2010 diventa sanitario,
personale che da oltre un anno attende di essere pagato: sono
questi gli elementi che oggi mettono in ginocchio "Casa Dago", la
prima struttura in Italia dedicata al reintegro sociale,
familiare, scolastico e lavorativo di pazienti post-comatosi.
Oggi, con una preoccupazione viva e uno sconforto evidente,
arriva una richiesta: riammettere il progetto nel novero dei
progetti sociali, pagare le professionalita' impiegate e salvare
la struttura nella sua eccellenza. Avviato nel 1999 con il
sostegno della Regione Lazio, il progetto "Casa Dago" di Roma in
questi anni ha colmato una lacuna: il Sistema sanitario nazionale
non prevede infatti strutture dedicate alla cura dei pazienti
post comatosi in fase di transizione tra terapia riabilitatva,
ospedaliera e ritorno al proprio domicilio. Destinata a pazienti
con deficit neuromotori e neuropsicologici conseguenti ad uno
stato di coma, Casa Dago ha offerto in questi anni programmi
riabilitativi in regime di day hospital ambulatoriale presso
istituti specializzati. Otto i posti letto dedicati. Otto le
famiglie che vengono accolte insieme gli assistiti: scopo del
progetto, infatti, e' assistere e accompagnare anche la famiglia
nel reintegro della persona in stato post-comatoso. Un centro
diurno pomeridiano con corsi di pittura, decoupage, giardinaggio,
artigianato, computer, possibilita' di pet teraphy, e
riabilitazione alla guida di auto e moto, completano un'offerta
unica nella Capitale. Non veniamo pagati da settembre del 2010 -
ha spiegato Elena Villa, presidente e ideatrice del progetto
insieme a Rita Formisano direttore scientifico - perche' questo
progetto, prettamente sociale, e' stato considerato da un po' di
mesi un progetto sanitario. Pet teraphy, computer, decoupage,
pittura sono forse qualcosa di sanitario? Tutto questo dallo
scorso autunno: per bocca dell'assessore Forte (servizi sociali
Regione Lazio, ndr), siamo diventati un progetto sanitario. Nulla
di male se non avessimo un problema di liquidita' legato proprio
a questo aspetto". "I fondi del progetto, infatti, - ha
continuato Elena Villa - passavano prima per la Fondazione Santa
Lucia in quanto noi siamo un'associazione senza scopo di lucro e
oggi per la Asl RmC, rendicontando tutto all'assessorato ai
servizi Sociali della Regione. Ci e' stato detto che e' la Asl a
dover rendicontare. La Asl ci dice invece che non puo' validare
spese inerenti a progetti sociali: alla fine non sappiamo da chi
dobbiamo prendere il dovuto".
Ad oggi, infatti, mentre la Asl si preoccupa di sostenere le
spese di affitto e bollette, restano scoperti trimestri da circa
52mila euro per un totale di oltre 260mila di debiti. "Chi ce li
deve dare, - si e' interrogata Elena Villa - la Asl? La Regione?
L'assessorato ai servizi Sociali? La Asl dovrebbe essere solo un
tramite e invece si trova nella difficolta' di validare spese non
sanitarie. L'Assessorato ci ha passato dal sociale al sanitario.
Che dobbiamo fare? Siamo un'associazione di volontariato, non
un'impresa. Abbiamo grosse difficolta': stupendi non pagati da
oltre un anno, multe per contributi non versati, 5 per mille
trattenuto dalle banche per anticipi di fatture...". "Casa Dago -
ha poi concluso Elena Villa - permette di liberare posti in
riabilitazione e rianimazione, aiuta la famiglia e l'utente al
rientro nella quotidianita', alleggerisce la sanita' con un
intervento sociale, da la possibilita' a queste persone nuove,
spesso molto giovani, di abituarsi a questa nuova condizione
fisica e psicologica". La speranza e' che qualcuno si preoccupi
di questa realta': si devono rinnovare i contratti di lavoro
scaduti oggi e in queste condizioni diventa difficile, se non
irresponsabile. Per saperne di piu', www.arco92.it.
(Wel/ Dire)