(DIRE - Notiziario salute) Roma, 31 mag. - "A volte ci vuole un pizzico di fantasia per visitare e fare tutti gli esami clinici a un paziente che non vuole mettere piede in una stanza dove c'e' un letto". Sorride Filippo Ghelma, chirurgo e responsabile del progetto "Dama" (Disabled advanced medical assistance) dell'ospedale San Paolo di Milano, attivo dal 2000 e - dall'anno successivo - progetto pilota della Regione Lombardia. Una proposta di accoglienza ospedaliera pensata su misura per rispondere alle esigenze di persone con ritardo mentale grave e gravissimo, con deficit intellettivo, comunicativo o neuromotorio. Pazienti che non collaborano e, per questo, talvolta devono essere sedati. E che non riescono a spiegare al medico i propri sintomi. A loro e' dedicato un articolo nel numero 2di Superabile Magazine.
Soffrono due volte. Perche' hanno un problema di salute ma non sono in grado di raccontarlo, sottolinea Edoardo Cernuschi, fondatore di Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilita'). A oggi, sono circa 4.300 le persone con gravi disabilita' prese in carico da "Dama" (dati aggiornati al novembre 2011, ndr). "In base alle nostre forze, potremmo avere in carico tra i 2.500 e i 3mila pazienti. Siamo un po' in affanno", ammette Ghelma. Basti pensare che nel piccolo day hospital del progetto (quattro letti) si alternano fino a 25 pazienti al giorno: "Ai quali bisogna aggiungere le urgenze - puntualizza -. Il record e' di 28 persone". Del resto, il San Paolo e' una delle poche strutture in Italia a offrire un'assistenza sanitaria adeguata a persone con ritardo mentale grave e gravissimo. Un modello organizzativo costituito da un call center, un percorso dedicato all'urgenza, un day hospital per gli iter di inquadramento e valutazione breve, infine percorsi ambulatoriali facilitati. "Nel caso si debba, per esempio, eseguire una tac in sedazione - spiega il medico -, occorre avere a disposizione contemporaneamente il macchinario, il radiologo e l'anestesista. Noi abbiamo cercato di spianare la strada a questi pazienti, creando un'e'quipe di sanitari ad hoc". Nello specifico si tratta di cinque specialisti (due chirurghi, due internisti e un pediatra che coordina l'attivita' sui bimbi) e un gruppo di infermieri. A completare il gruppo, una piccola squadra di volontari selezionati, formati e garantiti da Ledha. "A loro spetta il compito di fare da "mediatori culturali" tra noi e la famiglia dei pazienti. Due mondi che, spesso, parlano lingue diverse", sottolinea Ghelma. A undici anni dall'inizio della sperimentazione, "Dama" puo' essere definita un'esperienza di successo. E non solo per i numeri: "Uno dei nostri migliori risultati sta nel fatto che il numero di accessi al pronto soccorso e' praticamente lo stesso di dieci anni fa - spiega il responsabile del progetto -. Segno che per questi pazienti si e' trovato un accesso alternativo all'emergenza". Puntare sul day hospital e sulle visite ambulatoriali permette di seguire in maniera piu' attenta i malati e, inoltre, assicura un risparmio economico per l'ospedale: "Con un'adeguata presa in carico del paziente in due giorni di day hospital si riesce a fare quello che prima si faceva con dieci giorni di ricovero". Una scelta che si traduce anche in un minor costo sociale e sanitario: la Regione risparmia sulle prestazioni alberghiere per ricoveri impropri, mentre i genitori non perdono giorni di lavoro. Tutto cio' "permette di puntare a dare salute e benessere a questa fascia debole di popolazione, cui l'attuale organizzazione sanitaria ha difficolta' a dare risposta", conclude Ghelma. Intanto la Regione sta valutando in che modo consolidare ed eventualmente esportare questa esperienza. "I risultati sono stati assolutamente positivi - commenta Carlo Lucchina, direttore generale Sanita' -. Quest'anno, ferma restando la disponibilita' finanziaria, lavoreremo per consolidare il modello sul San Paolo e per replicarlo all'interno di un'altra azienda ospedaliera". Per il momento, il solo polo ospedaliero lombardo che ha riproposto l'esperienza del San Paolo e' il nosocomio Carlo Poma di Mantova: dal 21 giugno 2010 il "Progetto Delfino", sviluppato in collaborazione con Anffas, e' entrato ufficialmente nella "Rete Dama" della Lombardia. Nell'arco di undici anni, il progetto "Dama" dell'ospedale milanese San Paolo ha preso in carico circa 4.300 persone con gravi disabilita'.
(Wel/ Dire)