'MANCANO TEST RAPIDI E MENO INVASIVI COME IN ALTRI PAESI'.
(DIRE - Notiziario salute) Roma, 14 mag. - Scoprire tardi di aver contratto il virus Hiv e' un problema non da poco su cui bisogna lavorare. E' quanto emerge dal convegno "Aids e diagnosi tardive", che si e' tenuto stamattina nell'ambito del 'Bologna pride 2012'. Infatti, le premesse psico-sociali (resistenza culturale al test e allo screening periodico, paura di marginalizzazione e altro) rendono spesso il malato di Hiv inconsapevole, esponendo se stesso e altri a gravi rischi di salute.
Secondo il presidente della Commissione regionale sull'Aids, Giacomo Magnani, "il problema piu' grande nella lotta all'Aids e' l'individuazione precoce del virus in chi lo contrae". Se si potesse diagnosticare per tempo la malattia- aggiunge- "oltre a risparmiare sui costi della sanita' pubblica, si potrebbe assicurare una cura migliore e piu' efficace al paziente, e, infine, diminuirebbero le possibilita' che chi ha contratto il virus possa contagiare anche altri". Ma "l'Italia e' fanalino di coda in Europa per quanto riguarda i metodi di individuazione del virus", racconta Sandro Mattioli, responsabile del settore Salute del Cassero di Bologna. Infatti, in altri Paesi, come la Spagna e la Danimarca, "esistono da molto tempo modelli di test rapidi, efficaci e meno invasivi". Per quanto sia necessario "implemetare le campagne di prevenzione- continua Mattioli- lo e' altrettanto offrire un contesto protetto in cui il test per l'Hiv sia qualcosa di piu' semplice da affrontare". Cosi' facendo, diminuirebbe la resistenza culturale a fare controlli costanti e ripetuti nel tempo.
Secondo i dati del Centro operativo Aids, in Emilia-Romagna c'e' un incidenza dell'Hiv maggiore che nel resto d'Italia: infatti, su 100.000 abitanti circa otto contraggono il virus in regione, una cifra notevolmente piu' alta del dato nazionale (cinque su 100.000). Inoltre, il 50% delle diagnosi che vengono effettuate in regione sono tardive, quando non "molto tradive".
Laura Camoni, del Centro operativo, sottolinea che "tra chi riceve diagnosi tardive, la maggioranza contrae il virus attraverso rapporti sessuali, e non piu' attraverso l'uso di materiali per iniettarsi droghe". Inoltre, gli uomini di mezza eta' (dai 40 ai 45 anni) sono il target che piu' frequentemente scopre tardi di aver contratto l'Hiv, e, tra l'altro, quando intervistati, sostengono spesso di "non aver pensato di essere a rischio". Questo "nonostante raccontino di avere, o aver avuto in passato, comportamenti a rischio". Il problema allora, sintetizza Camoni, e' decisamente 'culturale': la noncuranza nella prevenzione, ha fatto si' che in 30 anni di ricerca e elaborazione dati "non si e' riusciti ancora a raccogliere quantita' certe di casi di Hiv e sieropositivita' nel paese", e quando si arriva ad una diagnosi certa, spesso e' tardi per curare al meglio il paziente. Secondo Mattioli, pero', "l'uso di test rapidi, che preservino sempre la privacy del tester, possono in futuro garantire piu' efficacia nella prevenzione dell'Aids". Ovviamente, specifica il responsabile del Cassero in conclusione, "l'efficacia della prevenzione continua a dipendere in larga misura dall'attenzione dei singoli, che vanno pero' aiutati e messi a proprio agio, nel momento del 'controllo'".
(Wel/ Dire)